Se n’è andato dopo la festa. Alfredo Di Stefano venerdì ha compiuto 88 anni, sabato è andato a mangiare con gli amici vicino al Bernabeu e terminato il pranzo il suo cuore si è fermato. L’hanno rianimato, portato all’ospedale Gregorio Maranon, gli hanno indotto il coma sperando che si potesse riprendere. Ha ricevuto la visita di Florentino Perez che con i famigliari del calciatore argentino ha pregato perché si riprendesse. Di Stefano non ce l’ha fatta.
SEMPRE VICINO AL MADRID — Il suo cuore aveva lanciato il primo segnale d’allarme 9 anni fa: nel 2005 a Valencia aveva subito un primo infarto che lo aveva costretto a un’operazione per l’impianto di quattro by pass. Dal 2000 era presidente onorario del Madrid, e in questi 9 anni ha continuato ad essere vicinissimo al club che ha cambiato la sua vita allo stesso modo nel quale Don Alfredo aveva cambiato la vita al Real Madrid. E al calcio spagnolo. Finché la salute lo ha sorretto il presidente onorario aveva partecipato a tutti gli atti ufficiali del club, soprattutto le presentazioni dei nuovi giocatori. Fisicamente in difficoltà, non gli era mai mancato lo spirito: l’ironia brillante, la battuta pronta, l’occhio vivo.
DISPUTA POLITICA — Per dare un’idea dell’impatto di Di Stefano sulla Liga spagnola, quando l’argentino arrivò al Madrid nel 1953 la Casa Blanca non vinceva un campionato da 20 anni: con l’arrivo di Don Alfredo ne vinse 8 su 10 e tempo di arrivare al 1960 e in bacheca il Real si è trovato, tra le altre cose, 5 Coppe dei Campioni. Di Stefano era nato a Buenos Aires, aveva cominciato a giocare al River Plate, un passaggio all’Huracan, il ritorno al River e poi causa lo sciopero dei calciatori argentini l’emigrazione ai Millonarios di Bogotà. In Colombia successi in serie e la fatidica amichevole col Real Madrid. Santiago Bernabeu decide di comprarlo, ma si scontra col Barcellona. Il Madrid negozia col Millonarios, il Barça col River. Ne scaturisce un conflitto che da calcistico diventa politico e sociale. Siamo in piena dittatura, nella quotidianità il regime madrileno schiaccia le velleità libertarie catalane e il trasferimento del secolo si chiude con Di Stefano in maglia bianca.
22 TROFEI E 2 PALLONI D’ORO — Inizia un dominio brutale del Madrid, in Spagna e in Europa, chiuso simbolicamente dalla sconfitta con l’Inter di Helenio Herrera nella finale di Coppa Campioni del 1964. E’ l’ultima partita di Di Stefano col Madrid. Un passaggio all’Espanyol e la carriera di allenatore tra Spagna e Argentina (con breve tappa portoghese). Titoli col Boca Juniors, il Valencia, il River Plate. Col Madrid poche gare e solo una Supercoppa di Spagna. L’idea di ripetere in panchina i trionfi ottenuti da giocatore col Real non ha funzionato. Così come a Di Stefano è andata male con la nazionale: ha giocato tanto con l’Argentina che con la Spagna ma non ha mai disputato un Mondiale. A livello personale ha vinto due Palloni d’Oro e 22 titoli tra River, Millonarios, Real Madrid e Argentina (la Coppa America del 1947). Con l’arrivo di Florentino Perez alla guida del Madrid Di Stefano fu nominato presidente onorario del club, viveva vicino al Bernabeu si è sentito male vicino al Bernabeu. Una vita per il Madrid.
Fonte: gazzetta.it