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LA STAMPA “Stavo con Ciro, ho visto tutto. Erano in due con la pistola”

Scontri

(G. Longo) – Pasquale è un ultrà del Napoli e ha due soli«pensieri», come li chiama lui. Non essere identificato, «sennò m’arrestano» e fare chiarezza «sulla verità successa sabato sera davanti al Ciak Village». Scordatevi i congiuntivi e la consecutio temporum, mettete da parte eventuali pregiudizi per gli ultrà e scoprirete una realtà diversa da quella offerta dalla questura di Roma.

Secondo il questore Massimo Mazza a sparare è stato soltanto Daniele De Santis, Gastone. È andata così? «No, non è vero. Il questore non c’era, io invece sì. Ero arrivato in macchina insieme a Ciro e altri amici di Scampia. Ho visto tutto: a sparare contro Ciro è stato Gastone, che sparava all’impazzata, ma c’era anche un altro ultrà romanista che sparava pure lui».

Lo hai visto sparare o solo con la pistola in mano? «Sparava, sparava. Io sono una persona ignorante ma a parte che l’ho visto con gli occhi miei, vorrei capire come si fa a dire che ha sparato solo una pistola, quando a Ciro il proiettile gli è rimasto dentro, mentre a Gennaro Fioretti gli è esploso nel braccio. I proiettili e gli sparatori erano due».

Come fai ad essere sicuro che ferire Ciro sia stato proprio De Santis?«Era l’unico a volto scoperto, gli altri avevano il passamontagna nero o il casco. E poi De Santis ha puntato la pistola anche contro di me, mi sono visto morto, mi sono visto. Per fortuna l’arma si è inceppata e sono ancora qui a parlare».

Quanti erano gli ultrà giallrossi? «A me sono sembrati una decina. Qualcuno dice una quarantina, ma io ne ho visti una decina scappare dopo che con Ciro e gli altri amici siamo andati ad aiutare quelli del pullman contro cui avevano buttato la bomba carta e un fumogeno. Stavano aspettando proprio i tifosi napoletani. Era una trappola. Un agguato in piena regola. E pensate che i pullman che c’erano là non erano di ultrà ma di gente normale. Con tante donne e bambini che piangevano disperati. Per questo siamo andati ad aiutarli».

Ma perché invece di andare a picchiare i romanisti non avete telefonato al 112 o al 1113? «Perché se non andavamo ad aiutarli, quello lì li ammazzava. Sembrava un pazzo. Noi napoletani siamo fatti così, siamo solidali e aiutiamo i concittadini in difficoltà».

Per picchiare hai usato spranghe o altro? «No, solo le mani. A Gastone, dopo che aveva sparato a Ciro, l’ho riempito di botte. Gli ho girato le caviglie con le mie mani, gli ho girato. Ma secondo me era fatto di cocaina perché era insensibile al dolore».

Tu hai già avuto guai con la giustizia, che so, per furto o spaccio di droga? «Sì, qualcosa del genere. Errori di gioventù».

Ti rendi conto che la tua testimonianza non ha valore se non la racconti alla polizia? «Alla polizia io non ci vado. Già hanno arrestato a Ciro, solo perché ha aiutato quella gente, finisce che arrestano pure a me. Voglio dirlo forte che quello di sabato è stato un agguato. Perché adesso a noi napoletani vogliono farci passare per delinquenti e camorristi. Vale pure per Genny ‘a carogna. Tutti contro di lui solo per quella maglietta. Volete sapere la verità?».

Dimmi. «La verità è che se non interveniva lui, allo stadio finiva in carneficina. Finiva in un massacro. Quelli uscivano e bruciavano la città. Lo dovevano ringraziare a Genny per quello che ha fatto. Senza contare che è stato il primo a venire a trovare a Ciro in ospedale».

Tu lavori o sei disoccupato? «Lavoro. Una cosa artigianale»

Hai figli? «No, ma mi sta arrivando un bambino».

Se potessi tornare indietro, a sabato, ti comporteresti allo stesso modo?«E certo! Non sono pentito di niente. Mi spiace solo che l’ambulanza per Ciro, anche se abbiamo fatto decine di chiamate, è arrivata dopo 40 minuti. Dobbiamo ringraziare un carabiniere, è stato lui a insistere per far arrivare l’ambulanza. Mo’ speriamo solo che Ciro si salva»

giovanni parisi

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giovanni parisi

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