Una donna di ottant’anni che affronta, sperduta e sola, sessanta hooligan, cercando di difendersi dalla loro aggressione usando l’acqua di una pompa per annaffiare il giardino. Eccola qui, un’altra immagine tratta dal teatro dell’assurdo di sabato scorso. Una fotografia da consegnare a quanti in questi anni hanno gestito la questione “violenza negli stadi”. Lei, statura da peso piuma, e tempra da combattente, non vuole comparire per nessun motivo. E però la sua storia la racconta ugualmente, così come l’ha raccontata agli inquirenti fino alle due del mattino di domenica. “E’ stata un’esecuzione, anzi, no: un massacro. Quel poveretto lo volevano ammazzare, ci hanno provato due volte”. “Quel poveretto” è Daniele De Santis, Gastone.
Quando è cominciato tutto?
“Saranno state le 18. Io stavo per entrare con altre persone nel circolo”.
Com’è iniziata la rissa?
“Quell’uomo, che – mi hanno detto dopo – lavora al circolo sportivo Boreale dove fa il barista o qualcosa del genere, teneva in mano dei fumogeni, dei petardi e urlava: “pezzi di m… vi ammazzo a tutti, vi ammazzo”. Era ubriaco e stava camminando per la stradina che collega al viale di Tor di Quinto e al parcheggio. Era solo e andava incontro ad almeno una ventina di ragazzi. Poi abbiamo sentito dei botti, tanti, e l’abbiamo visto tornare indietro inseguito da un gruppo di persone”.
Erano spari?
“Non possiamo dirlo, c’era un tale frastuono…”.
Lei ha notato se De Santis aveva una pistola e ha aperto il fuoco?
“Ho solo sentito, le ripeto, dei botti, ma con tutto il frastuono di bombe carta non ho saputo distinguere se fossero colpi di arma da fuoco o altro”.
L’avete visto tornare, inseguito da un gruppo di persone…
“Sì. I ragazzi sono riusciti a raggiungerlo, lo hanno buttato a terra e hanno iniziato a picchiarlo. Selvaggiamente. Inveivano e infierivano su di lui con una rabbia e una violenza incredibili. La sensazione che ho avuto è che lo volessero uccidere. Anzi ne sono proprio certa. Se ne sono andati solo quando l’hanno visto esanime a terra”.
Il gruppo dunque se ne va. De Santis è a terra privo di sensi. Come arriva all’interno del Ciak?
“L’hanno soccorso le persone che erano con me, e l’abbiamo portato nel cortiletto del Ciak. Ma qualche minuto dopo i tifosi del Napoli sono tornati. Stavolta erano ancora di più. In cinquanta sessanta persone hanno affollato il cortile e lì è successo l’inferno. Mi creda, mi sono trovata davanti a un’esecuzione. Lo hanno riempito di bastonate, di calci, di pugni. Uno di loro ha preso un montacarichi giallo, gliel’ha sbattuto in testa con molta forza, più di una volta. E con la stessa violenza altri gli hanno spaccato proprio sul viso delle cassette della frutta”.
E voi eravate lì?
“Sì, ma non ci hanno toccato. Era come se non ci fossimo. Quei ragazzi hanno continuato a picchiarlo come se noi non ci fossimo. Ce l’avevano con lui. Erano come indemoniati”.
Quanto è durato il pestaggio?
“Non so dirle. Quello che ricordo è che lui alla fine era praticamente nudo, gli avevano di fatto strappato, a forza di botte, i vestiti. Non si capiva più dove stavano le braccia e dove le gambe. Si vedeva un osso che gli usciva dalla gamba, all’altezza della caviglia. Una scena davvero incredibile”.
Quindi si sono allontanati credendolo morto?
“Sì, ma prima di andarsene, uno di loro ha preso un lanciarazzi, di quelli che si usano sulle barche da diporto per le segnalazioni d’emergenza, e gli ha sparato un razzo in faccia. Poi sono venuti verso di noi e hanno detto al mio amico, l’uomo che, poco prima aveva soccorso De Santis: “se mio fratello muore, io torno qui e ammazzo anche te””.
Lei ha pensato che Gastone fosse morto?
“Io ero sotto shock. Avevo in mano un tubo per annaffiare le piante e solo allora mi sono accorta che l’avevamo usato per difenderci da quella gente, e per spegnere i fumogeni. Quando i napoletani sono andati via, lui si è mosso. E quando sono arrivati i medici del 118 ha iniziato a inveire anche contro di loro”.
La pistola è stata ritrovata in un cestino all’interno del circolo, è così?
“La pistola so che l’hanno ritrovata, ma io non l’ho mai vista. Quello che so è che per me doveva essere un normale sabato e invece sono finita in questura fino alle 2 del mattino a testimoniare su un tentato omicidio”.
Fonte: Repubblica.it
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