(T. Riccardi) – Marco Conidi forse ci è riuscito meglio di tutti a spiegarlo in una frase del suo brano “Mai sola mai”: “Cosa sei per me, spiegarlo non è facile, in una parola sola: tu sei la Roma”. Perché la Roma è questo, è tutto e niente. È la Roma e basta. “Sei il primo gioco che facevo da bambino e che ci gioco ancora, tu sei la Roma”. Perché davvero non è facile riassumere in poche parole qualcosa che ha occupato giornate intere della tua vita. La Roma è una roba che ti ha fatto esultare, piangere, conoscere amici, mogli, parenti, fatto nascere bambini. Non è facile dare una spiegazione plausibile quando ti arrabbi per una sconfitta e qualcuno che ti vuole insegnare a stare al mondo ti dice: “Ma dai su, è solo un gioco…”. E non è facile rispondere in modo composto nemmeno quando un disinteressato del pallone ti chiede per far breccia su di te: “Ma ‘sta Roma?”.
Perché la Roma è la Roma, è una cosa tua, non è “‘sta Roma” come un chiacchiericcio qualsiasi da liquidare in due minuti. “È qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro”, un’altra sintesi perfetta da “Febbre a 90°”. In 87 anni di storia romanista tanti protagonisti si sono avvicendati. Giocatori, dirigenti, allenatori, uomini. Tanti hanno provato a dare una definizione della Roma e del calcio. Ognuno ha dato un senso, ma ciascuno ha dato il suo senso. In un’intervista recente al Romanista, ci ha provato Francesco Totti, 37 anni, bandiera e capitano da sempre: “La Roma è una cosa che hai dentro e non riesci a spiegare”. Semplice, perfetto. È tutto qui. Ma la Roma è stata la Roma anche per chi non è nato e cresciuto a Porta Metronia.
Giacomo Losi era della ridente Soncino in provincia di Cremona. Là, dove la Roma è qualcosa da “terroni” e basta. Losi a Roma è diventato “Core de Roma” e per lui questa maglia è stata “una seconda pelle”. E “nascondevo i mali pur di giocare”. A qualche chilometro da Soncino c’è Milano, dove è nato Marco Delvecchio. Lui, l’incubo dei laziali nei derby con l’accento meneghino: “Io sono un romano nato a Milano”.
Gianfranco Zigoni da Oderzo (Veneto) giocò solo due anni nella Capitale, ma tanto gli bastò per capire: “Per me Roma e la Roma hanno significato libertà”. Sebino Nela di Rapallo (Genova): “La grandezza del tifo giallorosso la scopri nei momenti difficili, quando capisci cosa vuol dire essere della Roma”. Agostino Di Bartolomei, romano di Tor Marancia, aveva fotografato alla perfezione un’altra realtà: “Ci sono i tifosi di calcio, e poi ci sono i tifosi della Roma”. È così, non è retorica da due soldi per autocompiacersi. È cronaca. Fu il pensiero di Soren Lerby, giocatore del Bayern Monaco che eliminò la Roma dalla Coppa delle Coppe in un Olimpico gonfio d’amore e di lacrime: “Questo è stato lo spettacolo di folla più bello, più vero che io abbia mai visto. Invidio i giocatori della Roma per questo”.
Udo Lattek, allenatore di quello stesso Bayern in quella stessa sera: “In tanti anni di carriera non avevo mai visto una squadra che sta perdendo, che è eliminata, fuori dalla coppa, sostenuta così dai propri tifosi. Semplicemente meraviglioso, vorrei poterlo avere io un pubblico così”. Di quella Roma lì faceva parte Bruno Conti, campione d’Italia e del mondo: “La Roma è stata la mia vita”. Giuseppe Giannini, numero 10 tra gli anni Ottanta e Novanta: “Non ho vinto tanto, ma essere menzionati ancora oggi è già di per sé uno straordinario trofeo. È come essere un leader di un partito politico, che viene ricordato nel tempo”. Amedeo Amadei, bomber della Roma del primo scudetto (1942), quando fu ceduto all’Inter avvertì i suoi nuovi dirigenti: “Non giocherò mai contro la Roma. Non posso pugnalare una madre”.
Daniele De Rossi, simbolo e bandiera di oggi, romanista per sempre: “Il mio amore per la Roma nasce prima di aver cominciato a giocare in questa squadra. Lontano da qui non mi ci vedo: non sarei altrettanto felice di giocare con un’altra maglia. Non mi importa se la Roma compri o non compri campioni, io gioco per la Roma, non per la società. Ho un solo rimpianto: quello di poter donare una sola carriera alla Roma”. Voci diverse, personalità distanti, ognuno l’ha detto a modo suo. Come la curva Sud, che lo disse in due parole: “Ti amo”.
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