Nessuno dirà mai che la Roma vista ieri a Napoli ha meritato di perdere o è stata deludente dal punto di vista del gioco e della organizzazione tattica. Le idee di base di mister Garcia sembravano aver avuto la meglio: giocare palla a terra facendo correre gli avversari e utilizzare il contropiede come arma per colpire. Tutto buono e giusto, finchè non è entrata in vigore quella dura legge del gol tanto cantata e osannata persino dagli 883.
A parte qualche ripartenza degna di nota dell’imprevedibile Mertens e l’occasionissima capitata a Callejon ad inizio secondo tempo, il Napoli ha sofferto per quasi 90′ una Roma equilibrata, coperta, aggressiva e rapida nel ripartire. Buona ed originale l’idea anche di schierare un attacco senza punti di riferimento, con Florenzi e Bastos esterni intercambiabili e sacrificati anche alla fase difensiva, mentre l’ivoriano Gervinho schierato come prima punta veloce ed imprevedibile. I giallorossi hanno creato tanto, hanno attaccato sempre in massa, ma con il passare dei minuti si sono iniziate a comprendere chiaramente due mancanze: i pochi inserimenti dei centrocampisti senza palla e la scarsa cattiveria sotto porta di Gervinho e compagni, che testimonia un momento poco florido dei giallorossi in zona gol (solo una rete nelle ultime tre partite). E se anche Reina si traveste da fenomeno tra i pali neutralizzando le prodezze balistiche di Bastos e Maicon vuol dire che la serata non gira dalla parte romanista. Ecco che nell’unico cross concesso dal fondo a Ghoulam (terzino da tenere d’occhio) il Napoli passa con Romagnoli che commette lo stesso errore in diagonale commesso da Torosidis in coppa e lascia Callejon libero di colpire sotto la traversa.
I numeri premierebbero la Roma, autrice di un possesso palla brillante ed a tratti infinito, abile anche a tenere il Napoli lontano dalla propria area per circa una mezz’ora nel secondo tempo. Ma la sterilità offensiva nel calcio è una pecca dai toni essenziali, è come voler giocare a tennis con la racchetta bucata o provare a vincere un Gran Premio con un motore usurato. L’inserimento di Mattia Destro è stato tardivo, probabilmente togliere un Gervinho stanco e poco lucido a 20′ dal termine per dare più peso e cattiveria all’attacco romanista avrebbe potuto cambiare la situazione. Ma l’impressione è che ad oggi, nel parco attaccanti giallorosso, manchi il risolutore, il calciatore con il killer instinct che in certe gare, dominate e ben giocate nel complesso, dia quello spunto decisivo per i tre punti.
Keivan Karimi (Twitter @KappaTwo)
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