Lo disse già nella prima stagione da operativo alla Roma: “Ho firmato un contratto annuale perché questo è il mio modo di lavorare, faccio sempre così“. Walter Sabatini da quando fa questo mestiere ha sempre messo la firma su accordi dalla durata minima, segno di un’imposizione naturale determinata dalla voglia di migliorarsi e di giudicarsi annualmente, senza lasciarsi coccolare dalla sicurezza di contratti duraturi e difficilmente stroncabili. Ma ieri il ds giallorosso si è contraddetto per la prima volta, legandosi alla società di Trigoria fino al giugno 2017, per altri tre anni. Un’eccezione enorme per il suo classico modus operandi, o meglio una volontà di arricchire un legame che dalla scorsa estate finalmente sta portando i suoi frutti. Dopo due anni di polemiche, crisi, allenatori e campagne acquisti fallite, Sabatini si è ritrovato realmente a capo del progetto Roma, senza più avere a che fare con il ‘santone’ Franco Baldini ed i suoi modi da manager radical chic. Ora comanda l’umbro con la passione per il fumo e non per la letteratura contemporanea; Walter avrà magari un profilo meno internazionale dei predecessori, ma quando c’è da accelerare il colpo (da Lamela a Strootman, passando per Destro o Benatia) non si fa pregare. E sarebbe stato sciocco da parte sua lasciare il progetto a metà, quando finalmente la sua Roma comincia a carburare, con la scelta Garcia azzeccata, con un bilancio nuovamente positivo, con una marea di giovani promettenti messi sotto contratto. Ed il bello deve ancora venire.
Keivan Karimi (Twitter @KappaTwo)