Parlare delle sanzioni sta quasi diventando superfluo. Tra i tifosi della Roma e la giustizia sportiva è in atto un vero e proprio braccio di ferro: campo di battaglia, la norma sulla discriminazione territoriale. La chiusura delle curve Sud e Nord per i cori contro i napoletani in coppa Italia, i ricorsi della società, avanzati in ogni sede (oggi l’udienza all’Alta Corte del Coni che ha rimandato tutto a martedì), e la nuova sanzione del giudice sportivo. Inevitabile: per la gara di campionato con l’Inter, infatti, il giudice Tosel ha disposto anche la chiusura dei Distinti Sud, il settore da cui durante Roma-Samp erano piovuti nuovi cori considerati discriminatori, sempre gli stessi, quelli riferiti al Vesuvio. Così la Roma, in piena corsa per il titolo, giocherà un match così importante ai fini della classifica senza il proprio pubblico, in uno stadio ostile, in cui rischiano di essere più numerosi (e rumorosi) i tifosi nerazzurri piuttosto che quelli giallorossi.
SQUADRA ARRABBIATA, “CI PENALIZZIAMO DA SOLI” –Nuova sanzione, senza sospensiva perché i nuovi cori costituiscono “specifica recidività”, dopo i casi precedenti, seppure responsabilità dei tifosi di altri settori. Ma il problema è più ampio, e non si esaurirà con la nuova disposizione (che la Roma è pronta ad appellare). La società contesta la norma, ritenuta “grottesca” perché mancante delle definizioni di “discriminazione” e di “territorio”.
I tifosi non si spiegano perché cori tollerati dal ’94 (ma chi ha detto fosse giusto tollerarli?) vengano improvvisamente sanzionati. E continuano anche provocatoriamente a ripeterli, incorrendo in una sanzione dietro l’altra. La situazione però penalizza i giocatori, per nulla contenti di giocare in uno stadio semi deserto, senza il sostegno del pubblico. Alcuni calciatori si sono lamentati pubblicamente, come Morgan De Sanctis (“Bisogna rendersi conto che non è più il caso di continuare con questi cori”) e non è escluso che altri giocatori o il tecnico Garcia possano dar seguito al messaggio. “Così ci penalizziamo da soli”, l’idea che tanti ripetono nello spogliatoio di Trigoria.
“CONTRO LA NORMA NON ENTRIAMO ALLO STADIO” – La società, però, Roma deve fare i conti anche con le tante posizioni diverse in cui si dividono i fedelissimi giallorossi. La corrente di chi insiste nel cantare quei cori ha fatto di questa battaglia una crociata: l’obiettivo è violare la norma, considerata ingiusta, per “provocare” la coscienza collettiva. E c’è chi come MyRoma, azionariato popolare di tifosi romanisti, propone a tutti i supporter di non entrare allo stadio per Roma-Inter: “Ti Amo ma non entro”, il loro slogan, con l’obiettivo di lanciare un segnale forte alle istituzioni e al club stesso. Proprio nella settimana in cui è stata inaugurata la mostra “Roma Ti Amo”, dedicata dalla società ai propri fan.
RICHIESTE DI RIMBORSO – Si sono fatti sentire, poi, anche quei tifosi abbonati a cui restare fuori, pur di continuare a offendere l’avversario, non interessa. In tanti hanno manifestato alla società, via mail e non solo, il proprio risentimento per non poter accedere allo stadio, chiedendo almeno il rimborso della quota parte di abbonamento per le gare Roma-Verona e Roma-Samp, gare che hanno dovuto seguire dal divano di casa. E il rischio ora è quello di una class action.
IMMAGINE ESTERA E NUOVI ABBONAMENTI – Facile immaginare che dall’altra parte dell’Oceano, a Pallotta non faccia piacere vedere la Roma in prima pagina per le curve vuote e per atteggiamenti di stampo discriminatorio. Non certo l’immagine ideale per convincere importanti brand globali a contribuire al rafforzamento, dal punto di vista commerciale e finanziario, del club. In più, nel giro di qualche mese si porrà il problema abbonamenti: in tanti, oggi, nutrono dei dubbi sul rinnovare l’abbonamento. Perché pagare prezzo pieno senza avere la certezza – semmai, il contrario – di poter assistere poi a tutte le partite della Roma? Una domanda a cui la società dovrà trovare risposte in fretta.