Queste le parole dell”ex medico sociale della Roma, Mario Brozzi:
Si è fatto un’idea sui motivi della disfatta di Torino?
“Io ho visto un gran primo tempo della Roma, sinceramente mi sono anche divertito. Anzi, io pensavo anche di riuscire a passare. Poi chiaramente al secondo tempo è cambiato qualcosa probabilmente anche perché loro hanno fatto sfogare la squadra e hanno fatto valere la loro supremazia abbinata al fattore casalingo che, da esperienza personale all’Olimpico di Torino, è sempre un ambiente molto caldo. Durante il primo tempo la squadra non ha manifestato alcunché che ci possa far pensare ad una disfatta. Il calco di rigore con l’annessa espulsione secondo me l’arbitro se la poteva risparmiare perché se avesse fischiato il fallo d’attacco come molto spesso capita sul 2-0 la partita rimaneva ancora aperta. L’espulsione di De Rossi è stato un gesto scellerato del ragazzo in un momento di tensione che ci può stare ma che un campione di quella levatura dovrebbe saper gestire con più freddezza perché un campione del mondo conosciuto in ambito internazionale non dovrebbe fare interventi di quella scompostezza. Io non ho visto due squadre con un gap tecnico così elevato da poter inficiare il campionato. Noi quando andammo a Torino eravamo campioni d’Italia con 8 punti sulla Juventus. Al ritorno alla fine del primo tempo noi avevamo la Juventus sopra di un punto. Quindi le situazioni si possono ribaltare ed il campionato rimane ancora aperto calcolando che deve finire ancora il girone di andata. La Roma ho visto una grande squadra, un grande allenatore, un gruppo molto saldo, molto forte, grandi individualità ma anche un grande collettivo. Secondo me una squadra che se non si scompone e conserva questa compattezza e questo atteggiamento amicale che c’è all’interno del gruppo, questo è un gruppo destinato a far scrivere di se nel presente ma anche soprattutto nel futuro. Mi dispiace quasi non poterci lavorare dentro!”
Domenica la Roma dovrà subito rialzare la testa affrontando in casa il Genoa. Che partita si aspetta?
“Mi aspetto la solita partita all’Olimpico della Roma. Le partite casalinghe della Roma nascono per le squadre avversarie già scontate. Mi sembra vengano qui già pensando al prossimo turno di campionato. Giocare contro la Roma è veramente difficile. E’ una squadra senza punti di riferimento statici, gioca talmente tanto sulle fasce che alla fine bisognerebbe quasi ripiantare l’erba perché praticamente vengono colonizzati dai laterali della Roma. E’ una squadra che, come ho detto più volte, mi ricorda molto la Roma di Capello. Anche lo stesso allenatore mi ricorda molto la precisione, la deduzione, la compostezza di Fabio, di cui io ne ero molto innamorato. Quindi complimenti veramente a chi ha scelto questo allenatore: credo che l’impronta di Sabatini inizi a vedersi. Bisogna fargli un plauso perché è veramente un grande esperto di calcio e soprattutto un esperto di calcio al servizio della società.”
Lei è stato per 18 anni il medico della Roma. Ci può dire chi, fisicamente, l’ha impressionata di più?
“L’integrità fisica di un calciatore sottintende sempre al suo stato neuro-vegetativo. Cioè, io nella mia vita professionale ero arrivato al punto, non dico della preveggenza, però di mettere gli occhi su qualcuno perché temevo che mi si potesse fare male. Dopo ho compreso che il medico vivendo affianco a questi ragazzi si nutre della loro gioventù e soprattutto il medico è tra le poche figure nel mondo del calcio che riesce a costruire un rapporto assolutamente unico con questi ragazzi che ti confidano cose che magari non confiderebbero a qualcuno. Divieni quindi una figura molto importante all’interno della loro vita e questo mi portava a conoscere vicende e vicissitudini che fanno parte dei segreti di un medico quindi praticamente quelle preoccupazioni che tutte queste situazioni potevano nascondere facevano sempre tribolare il calciatore. Diciamo che non devi mai distinguere la potenza fisica di un’atleta dalla potenza psico-mentale e della capacità di sopportare gli stress. E in questo mi vengono nomi come Totti, Tommasi, Emerson. Ragazzi che non si fermavano mai. Diciamo che la squadra del primo anno, quella che ha confezionato lo scudetto, prima di avere undici calciatori, aveva undici uomini. Erano persone che quando andavano in campo facevano predominare la loro personalità. Io ho vissuto in quegli anni l’orgoglio Romano. Quando si entrava nello spogliatoio si annusava il senso di rispetto che incutevamo come gruppo. Veramente ho vissuto quell’esperienza di un grandissimo gruppo. E la potenza era realmente collettiva, potrei fare tantissimi nomi come: Di Francesco, Mangone, Emerson, lo stesso Totti, la potenza fisica di Cassano che raramente ho incontrato una capacità così esplosiva ed elastica, la forza interiore di un Tommasi che praticamente è stato lui insieme a Manfredonia gli unici ad essere sepolti dai fischi dei tifosi romanisti, e con tutto ciò riuscì comunque ad arrivare in nazionale.”
Tornerebbe mai alla Roma?
“Pure stasera! Questo allenatore, per un amate di calcio come me, e soprattutto per una persona come me che ha vissuto la perfezione all’interno di un gruppo, mi piace molto. Mi piace molto la sua compostezza e il suo modo di affrontare le situazioni. E soprattuto mi dà l’idea di un gruppo dove all’interno ci sono molte amicizie. Questo significa che hanno creato un gruppo e questa è l’anima di una squadra. Quando costruisci questo è piacevole anche farci il magazziniere. Speriamo però che non perdano e smarriscano questo grande segreto di unità e compattezza. Che poi credo che sia l’arma vincente della Roma questa comunione di anime che poi si ripercuote nella cilindrata della squadra. E questa è una fuori serie che ha tanti cilindri dentro.”
Quindi nonostante gli otto punti di distacco pensa che la Roma possa competere con la Juventus fino al termine della stagione?
“Ripeto quello che è stata la mia esperienza. Noi arrivammo a otto punti di distacco dalla Juventus. Sembrava che avevamo ucciso il campionato. Poi invece alla fine del primo tempo a Torino eravamo a un punto. Quindi poi per fortuna Montella e Nakata fecero la differenza in quella notte indimenticabile di Torino quando praticamente ci cucimmo mezzo scudetto sul petto. Sembrava una partita maledetta quella. Alla prima azione della Juventus ci fecero gol. L’azione subito dopo subimmo la seconda rete. Poi ci fu un’ulteriore azione dei bianconeri che colpirono la traversa. In campo c’erano solo loro. Il secondo tempo ricomincia con lo stesso motivetto con il quale si era concluso il primo. A metà del secondo tempo Fabio (Capello ndr) volle cambiare e disse a Tempestilli di far scaldare Nakata e Montella. In quella settimana era appena arrivato il passaporto comunitario per il giapponese e quindi Fabio la prese come una sorta di segno del destino. Quindi entrarono Nakata e Montella che tra l’altro era reduce da un infortunio al flessore della coscia. Ed ad un quarto d’ora dalla fine, come tutti noi ricordiamo, Nakata mette la palla sotto l’incrocio. Proprio lì si è dimostrata la grandezza del calcio che è uno sport che non morirà mai perché in quell’istante la Juventus sparisce e la Roma diventa artefice del campo. Quindi negli equilibri del calcio se si ha pazienza nel comprendere che lo scudetto si decide fino all’ultimo minuto del campionato e giochi sempre con la stessa determinazione si può arrivare ovunque. Sto vedendo giocatori che mettono in campo una personalità disarmante. La stessa coppia di centrali a disposizione di Garcia sarebbe l’ultima delle coppie di centrali che un’attaccante vorrebbe incontrare.
Due domande sul mercato: le piace il nuovo acquisto Nainggolan?
“Da quando ho ripreso la mia normale occupazione medica l’unica squadra che seguo è quella del cuore. Per cui non l’ho visto a tal punto da poter esprimere un giudizio. Sento però un gran bene parlar di lui. Però la vita sportiva mi ha insegnato che tu puoi prendere anche il calciatore più forte di tutti però se poi non ha la testa a posto può essere un problema non solo per lui ma anche per il gruppo stesso. Mi ricordo che abbiamo avuto esperienze di calciatori che sono venuti e non hanno migliorato il gruppo malgrado fossero grandi calciatore, anzi. Quindi ho difficoltà adesso ad esprimere un giudizio. Se lo conoscessi, l’uomo prima che il calciatore, potrei darti un giudizio. Quelli che ci sono però sono ragazzi per bene e lo si vede dal rispetto che c’è tra di loro e che si scambiano anche in campo. Ma non ho dubbi che Sabatini prima di acquistarlo non abbia chiesto prima anche informazioni sulla sua vita personale. Tecnicamente è molto bravo ma se poi dentro di sé ha anche questi valori qui allora ben venga.”
Per chiudere. Sembra che la società si stia muovendo molto bene anche in ottica futura. Sanabria, Paredes, Abner, Berisha. Il progetto giovani nonostante tutto continua di pari passo a quello dell’istant-team. Le sta piacendo il lavoro della nuova proprietà?
“Io ho sempre vissuto nel futuro. Io provengo da una famiglia umile e solo grazie ai sogni ho sognato di diventare da grande quello che sono oggi. E quindi io che vivo nei sogni amo sognare. Oggi quando tu sei vincente devi pensare al domani perché se rimani all’oggi si fa la fine dell’Inter che un attimo dopo aver vinto tutto si è ritrovata ingoiata dentro al pozzo della mediocrità. Quindi ben venga la società importante che pensa in modo importante. Senza ombra di dubbio onore e lode a chi lo fa. Mi perdoni però se lo dico: Roma non è una città come le altre. Roma è Roma. E’ un nome da brivido e chi lo vive deve avere l’orgoglio di questo.”.
Fonte: asromaradio.it
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