LA REPUBBLICA La magia della Roma è finita, ritorna a comandare la Juve

Antonio Conte
Antonio Conte

(E. Sisti) – Venga signora bianca e nera, venga. Lei non ci avrà chiesto di passare davanti ma noi siamo cavalieri. E adesso, se vuole, resti pure dov’è. La Roma ha deciso di non vincere più. Ha deciso di continuare a perdere senza perdere. Ha deciso di lasciare la testa della classifica pareggiando anche con il Cagliari. Ma la verità è che messa così non potrebbe fare niente di diverso.

La tempestività di Pallotta, le divisioni societarie che neppure un’azienda sana e con meno ferite in archivio sopporterebbe. Le ombre cinesi. La scomparsa della convinzione, della condizione, della compattezza, un po’ di sfortuna, l’assenza di Totti. Benatia che si fa male allo stesso polpaccio che sembrava guarito, Ljajic che è uno spettro, Strootman che non funziona più, quattro palle gol sprecate da rodersi il fegato. Tutto questo sta portando la Roma in un posto preciso che si può facilmente trovare su tutte le mappe del pallone: da nessuna parte. Non le è mancato soltanto il gol.

Anche molto altro. Garcia era partito con Gervinho centrale. Al 4′ l’ivoriano si beve la difesa da solo e sbaglia, decentrato, davanti ad Avramov. Bell’antipasto? No. Brutto. Lopez, che dedicherà il punto alle vittime dell’alluvione, sistema Ibarbo dalla parte di Maicon, caso mai ci fosse da giocarsela sui 15/20 metri (accadrà). La confusione del Cagliari viene sposata, nemmeno fosse una causa benefica, dal centrocampo della Roma, Pjanic De Rossi e Strootman non si trovano fra loro. Al 20′ l’arbitro Celi aggiunge ginseng alla già robusta ansia giallorossa: concede un creativo vantaggio dopo che Florenzi era stato buttato giù in area da Dessena (fallo da rigore). Ma siamo sempre lì, il movimento senza palla è limitato all’essenziale. De Sanctis salva sulla linea di porta su testa di Ibarbo al 34′ dopo un’azione casuale, nata a spintoni. Palo di Gervinho di testa su cross di Dodò (38′). Strootman si trova solo davanti ad Avramov un minuto dopo: gli tira addosso con inspiegabile fretta e col suo piede meno generoso (il destro). Sprechi inaccettabili. La Roma sente che qualcosa le grava sulle spalle, un misto di Juventus, scalogna e certezze perdute.

Inizio ripresa. Florenzi al volo da destra, para Avramov, Benatia non è pronto per il “tap in” (3′). La Roma si muove male sulla trequarti. Nessuno cerca la profondità, fanno più o meno tutti lo stesso movimento verso il portatore di palla, compreso Ljajic che è avulso dalla manovra. Contropiede al 6′, ma più che un contropiede è un fuggi fuggi. Maicon decide di tirare di collo esterno (l’unica cosa decente della sua partita). Altro miracolo di Avramov. Ora il Cagliari è chiuso come un cinema dismesso. Ma alla Roma manca la magia della giocate collettive di due mesi fa, è rientrata nell’alveo della normalità. Garcia toglie Florenzi (per Borriello) ma lascia in campo il fantasma di Ljajic. Poi il tecnico si fa espellere. Non si può nemmeno dire che la Roma perda di lucidità perché non ne ha mai avuta: inutili cross dalla trequarti, per nessuno, punizioni calciate malissimo, corner anche peggio, palle perse, giocatori stanchi, frenetici, angosciati. De Sanctis salva su Eriksson (40′). Avramov su Burdisso (47′). Scrivete: partita segnata. Roma in calo, emotivo e fisico, che chiude con un modulo 3-1-3-3 che sa di disperazione tattica. Giusto che la Juventus se ne vada. C’è solo questa comica consolazione di aver preso un punto al Napoli. Ma è solo comica e forse non è neppure una consolazione.

Fonte: La Repubblica

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