Non solo perché è tifoso del Torino da sempre, ma a Massimo Gramellini parlare di pallone piace, tanto da interrompere la riunione di redazione del suo giornale per concedere questa intervista: “Per me è un piacere: il calcio ha rappresentato un bel pezzo della mia vita”, racconta il vicedirettore de “La Stampa”.
Gramellini, da dove cominciamo?
“Da dove vuoi, ma ti prego diamoci del tu”.
Meglio Massimo, allora?
“Sì, molto meglio”.
Partiamo dal calcio: cosa rappresenta per te?
“Sai, ho perso la mamma molto presto e ho vissuto la maggior parte degli anni con mio padre. Lui non era un uomo di tante parole, ma l’unico linguaggio che ci accomunava era quello del pallone. Mi portava spesso a vedere il Toro. Per me è stato questo, la mano di mio padre che mi porta allo stadio”.
E il Torino?
“Sono da sempre un tifoso granata. E non ho mai nascosto questa simpatia. Ricordo tante partite storiche. Tra queste, il derby del 1983 contro la Juventus, ribaltato in pochi minuti da 0-2 a 3-2. In curva Maratona c’erano romanisti che erano venuti a tifare Toro. Quella vittoria fu decisiva per la Roma di Liedholm per vincere il campionato”.
Qualcosa di simile accadde nel ’76, quando la Roma fermò la Juventus in casa e aiutò il Torino a conquistare lo scudetto. Ricordi?
“Eccome. Posso raccontare un aneddoto: quella partita, Juve-Roma, la vidi allo stadio in mezzo ai sostenitori bianconeri. Il Torino era impegnato in contemporanea a Roma con la Lazio. Passò in vantaggio la Juve con Bettega e al gol non feci nulla di particolare. Ma quando la Roma pareggiò con Petrini, il gol che significava titolo quasi certo per il Toro, mi lanciai in un urlo solitario che fece girare tutti”.
Anche la tua carriera giornalistica è iniziata sotto il segno del calcio.
“Ho scritto tanti anni di sport. Ho lavorato a Roma e sono molto legato alla città e alla squadra. Pensa, il mio ultimo giorno da giornalista sportivo – prima di passare alla politica – l’ho vissuto facendo la cronaca di una partita della Roma di Coppa Uefa: semifinale di ritorno, Roma-Brondby, gol all’ultimo di Rudi Voeller che decise partita e qualificazione. Sembrava tutto perso per voi, tanto che fui costretto a riscrivere il pezzo in pochi minuti”.
A proposito, di cronaca e attualità: la Roma di Garcia?
“È straordinaria, piacerebbe molto a Gianni Brera perché applica il principio fondamentale del calcio: partire dalla solidità difensiva. La Roma non ha soltanto la difesa forte, ma è il sistema tutto a funzionare. Ricorda il Milan di Sacchi, che difendeva a centrocampo. Vogliono vincere tutti e si vede: i giocatori hanno gli occhi della tigre”.
E domenica Torino-Roma. Previsioni?
“La mia speranza è che la Roma vinca 36 partite su 38 e che quelle 2 le lasci a noi. Sarà una gara divertente tra la mia squadra del cuore e una che mi sta simpatica. Il Toro va a corrente alternata, ha buttato via partite già vinte. Molto dipenderà da Cerci, che ci terrà a fare bella figura contro i suoi ex compagni”.
Alla Roma, invece, mancherà un certo Totti.
“Ho una passione incredibile per questo giocatore. Mi è simpatico come persona ed è un fuoriclasse incredibile. Ha fatto una scelta di vita unica, restando a vita nel club di appartenenza. È un esempio, se si arriva a 37 anni con quella condizione, significa che conduce una vita seria e serena. Complimenti a lui e alla Roma”.
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