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Roma, De Sanctis: “E’ la mia ultima sfida. Voglio portarti in Europa”

Le parole del portiere in conferenza di presentazione

Morgan De Sanctis si presenta

DE SANCTIS/ASROMALIVE.IT – Alle ore 18.30 presso la Sala Stampa dello Stadio Olimpico di Roma è andata in scena la presentazione di Morgan De Sanctis, nuovo portiere giallorosso arrivato dal Napoli. Ecco le sue testuali parole.

Italo Zanzi presenta il giocatore: “Fortunatamente non ho bisogno di fare una lunga introduzione. Morgan De Sanctis ha una lunga storia qui in Italia e all’estero, siamo molto contenti che sia con noi. È un vero leader dentro e fuori dal campo. Benvenuto a Roma”.

Qual è il tuo personale obiettivo a Roma e qual è l’obiettivo della squadra?
“Per quel che mi riguarda, credo che la Roma a questo punto della mia carriera sia l’ennesima sfida, forse l’ultima se penso a un calcio estremamente competitivo come quello italiano. Arrivo qui a Roma con un grandissimo entusiasmo e voglia di far bene. Per quel che riguarda la squadra è evidente che questa sarà la terza stagione senza la partecipazione alle coppe europee, se non ricordo male ad agosto di due anni fa ci fu l’eliminazione con lo Slovan, per cui l’obiettivo fondamentale è tornare in Europa, per dare un profilo e un lustro a una società così importante”.

Che valori esprimerà questo campionato? Che ruolo reciterà la Roma?
È scontato che la Juventus sia assolutamente davanti. Il Napoli ha cambiato qualcosa, forse più di quel che si pensasse alla fine della scorsa stagione, ma ha costruito un organico fortissimo che sicuramente darà filo da torcere alle concorrenti che sono la Fiorentina e il Milan. Vedo la nostra squadra competitiva, poi possiamo aggiungere Lazio e Inter. Sono sette squadre per cinque posti più il sesto della Coppa Italia, ogni anno c’è una sorpresa e non mi riferisco all’Udinese, la griglia di partenza diventa numerosa. L’obiettivo è quello di riportare la squadra in Europa, bisogna partire bene e fare le cose subito da squadra per togliersi delle grandi soddisfazioni”.

Nello scorso campionato tra Napoli e Roma ci sono stati 16 punti. Il gap è cambiato?
“Quando negli ultimi quattro anni ho giocato col Napoli devo sempre riconoscere che per quanto si potesse parlare di carta, il Napoli attraverso il lavoro sul campo ha dimostrato sempre di andare oltre le aspettative. Se parliamo di aspettative, può darsi che in questo momento la Roma venga considerata al di sotto della Juventus e del Napoli, ma sono assolutamente fiducioso dopo aver conosciuto allenatore, compagni e struttura della Roma che si possano fare delle cose importanti. Ne avevo la convinzione prima di venire, le ho ancor di più ora perché ho conosciuto tutto quel che ruota attorno alla squadra e la squadra stessa. Non ci sarà mai mancanza di risultati per motivi tecnici e tattici, perché la squadra è forte e l’allenatore è bravo. L’obiettivo è costruire una mentalità di squadra forte, vincente e compatta, che i giocatori pensino prima alla squadra e sono convinto che attraverso questi presupposti la Roma potrà recitare da protagonista questa stagione, ne sono convinto”.

Negli ultimi anni il ruolo del portiere nella Roma è stato molto delicato. Senti di avere le caratteristiche che sono mancate ai portieri della Roma in questi anni?
Sento di avere le caratteristiche giuste per far bene il mio lavoro. Credo che sia un discorso di squadra, perché in particolar modo nel mio ruolo quel che fa la differenza è il contributo dato da tutta la squadra. Credo che per quel che riguarda il rendimento delle ultime due stagioni sia valso molto questo discorso. È mancata la squadra più che il portiere. Questo discorso è legato al valore che riconosco di un portiere importantissimo come Stekelenburg. Ribadisco che ci sarà da lavorare come squadra, in modo tale che a giovarne siano i singoli”.

Lei viene descritto come leader dello spogliatoio. Questo suo carattere ha influito rispetto maggiormente rispetto al suo valore tecnico?
“Credo molto nel valore emotivo di una squadra di calcio. Sono vent’anni che gioco a calcio, questo è il ventesimo da professionista. Sono stato giovane, ora lo sono meno. Mi è sempre piaciuto avere a che fare con compagni di squadra che la pensassero in modo costruttivo e con giocatori generosi, che sanno sempre aiutare il compagno. Quest’anno ce ne sarà bisogno e molto probabilmente nella valutazione generale del sottoscritto – ed è un discorso che potrà fare la società – sono stati fatti certi discorsi che andavano anche oltre l’aspetto tecnico e dei quali mi sono sentito partecipe. Ci tengo però a sottolineare che da quando c’è da dire una parola in più va detta, specialmente da giocatori con carisma, ma va tutto accompagnato dalle prestazioni sul campo, che legittimano le parole e viceversa”.

Quanto è importante la dialettica di un portiere sul rendimento della squadra? Benatia e Castan sono una coppia ben assortita?
È importante che il portiere comunichi con i propri compagni. Ci sono situazioni in cui si difende in 11, bisogna comunicare con tutti. Più passa il tempo e più me ne accorgo, è importantissimo, te lo dicono proprio i compagni. È fondamentale sentire una squadra che parla, che si aiuta. Castan e Benatia? La squadra è forte, ha valori importantissimi. Bisogna compattarsi e dimostrare sul campo che questi valori ci sono, attraverso una classifica importante”.

Ha già notato differenze nel modo di guidare la squadra tra Mazzarri e Garcia? Come si è lasciato col Napoli?
Mi piace molto il nostro allenatore. Mi piace il suo modo di allenare e di comportarsi con la squadra. Quando parlavo di cose positive, la cosa più positiva è stata l’allenatore. Dei risultati che ha ottenuto se ne poteva sapere qualcosa, perché ha vinto il campionato col Lille, ma avevo la curiosità di conoscerlo e vedere come lavorava. Questa è la cosa che mi ha reso più felice e soddisfatto e fiducioso per il prosieguo della stagione. Con Mazzarri differisce ovviamente per il modulo, ma spero che riesca a fare un lavoro ottimo come quello del mister in Italia. Lui è qui da cinque settimane, forse sei, ha saputo di allenare la Roma agli inizi di giugno, un arco temporale brevissimo nel quale ha avuto la voglia e la capacità di apprendere l’italiano in modo brillante, comunica molto chiaramente e questo ci serve e ci aiuterà per tutta la stagione. Per quel che riguarda Napoli faccio un breve inciso perché siamo a Roma e interessa poco. Ho vissuto quattro anni meravigliosi, ho lasciato una società importante perché avevo percepito dei messaggi, neanche tanto nascosti, dove c’era una volontà di guardare al futuro nel mio ruolo. E questo a un giocatore orgoglioso come me non poteva lasciare indifferente. Alla mia età ho bisogno di sentirmi protagonista e che tutto dipenda dal mio rendimento. Quando si inseriscono dei meccanismi per cui forse ti verrà detto di fare delle cose che magari non vuoi fare, è giusto prendere le dovute decisioni. C’è stata l’opportunità di venire alla Roma, società ambiziosa e con un progetto serio e ho chiesto alla società di cambiare squadra. All’inizio la società non è stata contenta, ci sono stati momenti particolari col presidente ma alla fine si è risolto tutto perché questi quattro anni non potevano essere rovinati per una serie di cose di cui preferisco non parlare, perché potrebbero essere strumentalizzate. Sono alla Roma e sono felicissimo di essere qui, come sono felicissimo di aver fatto parte di una società come il Napoli”.

Quando veniva all’Olimpico aveva l’impressione di giocare in uno stadio razzista?
“Se il discorso è generalizzato, non si può parlare di razzismo. Se si considera l’ignoranza, la maleducazione di alcune frange, succede anche in tante altre situazioni. Evidentemente a Roma è successo più di una volta, le istituzioni hanno deciso per questa punizione, speriamo che possa servire – lo dico soprattutto per la tifoseria sana, la maggioranza – ad isolare quelle teste che rovinano un contesto che dovrebbe essere festoso. Non riguarda soltanto Roma, ma tante altre realtà. Peccato dover esordire alla prima di campionato senza quella parte cospicua di pubblico che meriterebbe di vedere l’esordio della propria squadra nel proprio settore“.

Si sente di essere arrivato in una squadra più debole dopo le cessioni di Osvaldo e Marquinhos?
“Mi sentirò di essere arrivato in una squadra più debole eventualmente a fine campionato, se il riferimento è al Napoli. Contiamo di poter fare una grande stagione. Sulla carta la Juventus ha valori tecnici e di squadra superiore, le altre se la giocano. Nelle due partite ce la giochiamo anche con la Juventus, ma i conti preferisco farli alla fine, soprattutto se si fanno raffronti così individuali”.

Come va l’intesa con i compagni della difesa? Andreazzoli le ha raccontato qualcosa della stagione scorsa?
“Aurelio lo conosco, abbiamo lavorato due anni a Udine assieme. Lo stimo tantissimo, soprattutto come uomo. È contato molto più l’aspetto umano che quello tecnico-tattico, aveva una figura secondaria rispetto a Spalletti e Domenichini. L’ho trovato sereno, ho parlato con lui anche durante la stagione passata. Non ho parlato solo con lui della stagione passata, ma anche con i compagni e alcuni dirigenti. Il discorso che ho fatto prima è condizionato dalle parole e dai pensieri di queste persone. Per  questo sono assolutamente convinto che alla squadra non manchi nulla e che ci sia assoluta necessità di dimostrare di essere squadra. Della Juve conosco moltissimo i giocatori come uomini, è lì che fanno la differenza. La Roma deve fare la differenza dal punto di vista umano, dal punto di vista del gruppo. Sono assolutamente fiducioso che possa avvenire e conto che possa farlo il più velocemente possibile”.

Vi siete confrontati con Totti?
“Con Francesco durante la tournée abbiamo parlato spesso. Eravamo seduti vicino sul pullman, abbiamo viaggiato tanto e c’erano molte occasioni di confronto. Siamo d’accordo sul fatto che questa debba essere una stagione importante, l’ho trovato deciso, convinto ed entusiasta. Sono convinto che Francesco possa essere importante come leader tecnico e gli è stato sempre riconosciuto. Reciterà anche un ruolo importante all’interno dello spogliatoio, anche lui dovrà rendersi conto del fatto che ci vorrà la squadra per fare una grande stagione. Mi viene anche da pensare che si parla spesso del suo contratto, da 20 giorni viene fuori una cosa che non esiste. Francesco è assolutamente concentrato – e avrete modo di chiederglielo – su quel che bisogna fare per tornare ad essere grandi. Voi avete parlato di una stagione positiva lo scorso anno, sono convinto che possa farne una ancora migliore. Ai risultati personali potrà essere aggiunto un risultato di squadra che gratificherà i singoli calciatori. Francesco sarà il nostro leader negli spogliatoi e in campo“.

Dopodomani la Roma troverà i tifosi per la prima volta dopo il 26 maggio. Sarà importante ritrovare il feeling con loro?
“Importantissimo, ma dipende da noi. Quello che ci auspichiamo è iniziare benissimo la stagione. È fondamentale. Non ho vissuto il derby del 26 maggio, però nei discorsi che ho fatto con i compagni che l’hanno giocato ho percepito che perdendolo si è creata un’amarezza grandissima, non solo nella tifoseria ma anche nella squadra. Abbiamo assolutamente la necessità di iniziare bene per riportare i tifosi dalla nostra parte. I tifosi non sono un’entità misteriosa, sono quelle persone che amano la squadra e a Roma questo amore è viscerale. Hanno bisogno di sentirsi – devo trovare la parola giusta – dentro noi giocatori, perché li rappresentiamo sul campo. La nostra espressione di gioco, di impegno e di qualità nei risultati sia positiva. Siamo noi che dobbiamo andare incontro a loro. Sono nuovo e questo discorso lo faccio con una serenità d’animo che non può appartenere a chi ha giocato quella partita. Capisco l’amarezza dei tifosi e il fatto che possano essere arrabbiati con la squadra. Che guardino al futuro con positività e fiducia, quest’anno mi sento di garantire di far trovare loro una squadra che faccia loro rialzare la testa. È una responsabilità che  tutto il gruppo deve avere per fare bene le cose. Ci credo fortemente, mercoledì ci sarà la possibilità di farglielo capire, la squadra si impegnerà fino in fondo e riuscirà a fare cose importanti”.

Si è passati da un progetto giovani ad un usato garantito. Alla Roma è mancata solo la mentalità?
“Solo la mentalità. Soprattutto se penso agli ultimi due anni. Le qualità tecniche della squadra ci sono, i giocatori sono forti indipendentemente dall’età. Quando parlo di punto di vista tattico mi riferisco all’allenatore, è bravo, è chiaro, è semplice. Chiede cose in modo molto efficace. Quando è ripartito questo progetto, e il mio Napoli affrontava la Roma, avevamo un assoluto rispetto della qualità dei giocatori. Mi sono informato, precedentemente potevo esserlo solo rispetto agli scontri diretti. Ora che ci sono dentro da quattro settimane sono convinto che il passaggio chiave sia quello di diventare una squadra, un gruppo che quando non ha la palla difende in 11 e quando ce l’ha attacca in 11. È questo che bisogna avere in testa e ci si può arrivare, perché il valore umano è aumentato grazie a una campagna acquisti mirata. Non parlo di mercato, ma da quel punto di vista la società ha fatto un riconoscimento di un progetto che poteva sembrare troppo ambizioso per una piazza come Roma. Ci vuole il giusto mix per fare grandi risultati”.

C’è dibattito sull’assortimento difensivo, si parla di una coppia lenta e macchinosa, cosa ne pensa? Come vede Jedvaj?
“Penso che Castan, Burdisso, Benatia, Jedvaj, Balzaretti, Maicon, tutti i difensori abbiano le caratteristiche per poter far benissimo nella Roma e in Serie A, alcuni dei quali l’hanno già fatto. La velocità: io non c’ero l’anno scorso, ma posso immaginare che Marquinhos fosse velocissimo. Mi auguro che ci siano meno di 40-50 metri da difendere. I giocatori possono essere veloci, ma se devono difendere uno spazio così ampio con giocatori così forti, siano essi di squadre che lottano per non retrocedere, siano essi della Juventus, non basta neanche la velocità di Marquinhos. Guardando i numeri, il problema è stato il numero dei gol subiti, determinato da un assetto difensivo di squadra. Si partecipa in 11, si lotta in 11. La Roma ha subito tanti gol con Marquinhos, venduto a 35 milioni al PSG, perché conta la squadra. Non sono convinto che si possa essere una difesa più o meno forte per caratteristiche dei difensori. Sono convinto che si possa avere una difesa più forte se tutti difenderemo con la consapevolezza che non prendere gol è importante e lo avete sentito anche dall’allenatore. In tutte le amichevoli abbiamo subìto gol, è una cosa fastidiosissima. Dovremo migliorare, ma non io, Castan o chi altro, ma tutti quanti. Per quanto riguarda Jedvaj, spero per lui che la Roma sarà talmente organizzata che, quando chiamato in causa, potrà dare il suo contributo in un contesto che funziona e che sarà più facilitato e gratificato”.

Ci sono state altre squadre che l’hanno cercata? Se sì, perché ha scelto la Roma? Osvaldo ha dichiarato che stampa e tifosi attaccano i calciatori, cosa ne pensa?
“La Roma è stata la squadra che, in virtù della voglia di innescare un certo ricambio, mi ha convinto che questo cambiamento dovessi prenderlo di petto io, perché è una società importante che mi permetterà di chiudere la carriera europea nel migliore dei modi con mi auguro grandi soddisfazioni. Per quel che riguarda Daniel, condivido il discorso, nel senso che è più complicato giocare in Italia e avere a che fare con tifosi innamorati e attentissimi alle vicende dentro e fuori dal campo. Però Osvaldo molto probabilmente si riferiva a delle minoranze, che per essere ascoltate hanno bisogno di fare più rumore, non solo nello sport e non solo in Italia. Quando hai la possibilità di giocare in piazze come Roma o Napoli, io ho giocato anche nel Galatasaray dove la pressione mediatica e dei tifosi esiste, esiste anche il rovescio della medaglia, hai la possibilità di farti apprezzare di più. Ritengo condivisibile il discorso di Osvaldo in entrambi i sensi. Se ci si comporta sempre in modo adeguato a quelle che sono le nostre responsabilità, considerando diritti e doveri, ci si può togliere soddisfazioni”.

 

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