ATTUALITA’ QUATTRO ANNI MICHAEL JACKSON INIZIO FINE LEGGENDA / ASROMALIVE.IT – Quando arrivò la notizia, in molti pensarono si trattasse di uno scherzo. Diversi messaggi si rincorsero sui social network, a milioni si riversarono nei motori di ricerca, su Internet, per cercare la conferma a quello che si stava leggendo. Nell’immaginario collettivo si pensa che i miti non possano morire. Invece era tutto vero: il pomeriggio del 25 giugno 2009 (era sera in Italia), Michael Jackson, l’artista più popolare ma anche il più premiato, il più scaricato da Internet di tutti i tempi, era appena passato a miglior vita.
L’artista si trovava nella residenza di Carlwood Drivea ad Hombly Hills presso Los Angeles. Si stava apprestando a fare il proprio ritorno sulle scene: una serie di concerti dal titolo This Is It all’arena O2 di Londra tra 13 Luglio 2009 e il 6 marzo 2010. Fino alla sera prima del decesso era stato impegnato con le prove allo Staples Center di New York.
L’autopsia stabilì che il decesso avvenne a causa di una somministrazione eccessiva di Propofol (farmaco anestetico ed agente ipnotico, a breve durata d’azione, che viene somministrato per via endovenosa e che in Italia ha il nome di Diprivan) somministratogli dal medico Conrad Murray, il quale era stato assunto dalla Aeg Live, la società organizzatrice dei concerti londinesi. Jackson, infatti, soffriva di insonnia e chi lo conosceva davvero affermava già da tempo che non stesse bene né fisicamente né emotivamente. Lo stesso Murray, due anni dopo, fu accusato di omicidio colposo e quindi condannato a quattro anni di carcere. Questo perché, dal processo che lo vide imputato, emerse che aveva usato, per curare Jackson dall’insonnia , anche energizzanti nonché EDA (Efedrina, Caffeina, Aspirina). Questi ultimi farmaci venivano somministrati al cantante di giorno, mentre di notte riceveva Propofol e benzodiazepine. Un cocktail che, secondo il giudice del processo, fu letale al cantante. Sulla sentenza influì soprattutto il fatto che Murray, durante il processo, non mostrò nessun rimorso per ciò che era accaduto.
Come spesso accade con i personaggi destinati a diventare leggenda, la sua morte è divenuta, inevitabilmente, un romanzo. Addirittura, sarebbe dispendioso annoverare in un articolo tutte le ipotesi, le teorie, le credenze su cosa sia successo quel pomeriggio a Los Angeles. Tuttavia, è anche difficile ricordare un artista tanto versatile quasi da risultare universale.
Tanti sono stati gli stili musicali praticati, già a partire dal quinto album in assoluto del cantante, Off the Wall una miscela di funk, pop, soul, jazz, soft rock, rhythm and blues. Stessa cosa che avvenne con Thriller, il disco per antonomasia, quello più venduto di sempre, dove ai toni rock e funk di brani come Baby Be Mine, P.Y.T. (Pretty Young Thing), Billie Jean, Wanna Be Startin’ Somethin si contrappongono le melodiche The Lady in My Life, Human Nature, The Girl Is Mine. Ma sicuramente, un genere musicale che ha contribuito a far crescere la fama del cantante è anche il gospel e, in tal senso, non si possono non citare brani come Will You Be There, Heal the World e Keep the Faith.
Michael Jackson aveva la capacità di rendere magica ed inimitabile la propria voce ma il suo potere non era racchiuso soltanto nelle sapienza e nella professionalità nell’usare le proprie corde vocali. Fu il perfezionatore del moonwalk (non l’inventore, in quanto rielaborò un passo di danza già praticato dall’attore e mimo francese Marcel Marceau); fu protagonista di video indimenticabili come quello di Thriller o di Earth Song, che, ancora oggi, risultano delle perle nella comunicazione musicale ma, soprattutto, fu il più abile creatore della propria immagine, anche se, a volte con scelte piuttosto discutibili. A prescindere dalle vicende giudiziarie (vere o presunte che siano) in cui è stato coinvolto, e dalle miriadi di dicerie sul proprio conto, Michael Jackson, insomma, fu un vero artista a tutto tondo. Forse è anche per questo che, molti dei suoi fans, coltivano un sogno: quello che la sua morte sia davvero una messa in scena.
Marco Pennacchia
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