ATTUALITA’ 35 ANNI FA MORTI ALDO MORO PEPPINO IMPASTATO VITTIME POTERE / ASROMALIVE.IT – Ore 9.00 del 16 marzo 1978. Aldo Moro esce dalla sua abitazione di Via del Forte Trionfale, accompagnato dalla scorta. Si sta recando al Parlamento per il dibattito sulla fiducia al nuovo governo Andreotti, il primo di cui faranno parte i comunisti. Il presidente della DC non sa ancora che, a via Mario Fani, i brigatisti sono già tutti pronti. Rita Algranati segnala a Mario Moretti l’arrivo del convoglio di Moro. Raffaele Fiore, Prospero Gallinari, Valerio Morucci e Franco Bonisoli si sono già piazzati dietro ad una siepe. Vicino a loro ci sono Barbara Balzerani, Roberto Seghetti, Alessio Casmirri e Alvaro Lojacono. Alle 9.03 è l’inferno. Il gruppo di terroristi spara all’impazzata uccidendo tutti i cinque uomini della scorta: Domenico Ricci, Raffaele Jozzino, Giulio Rivera, Francesco Zizzi, Oreste Leonardi. Verranno ritrovati 93 bossoli….
Luglio 2002: mi ero trasferito per un periodo al quartiere Portuense. Quel giorno caldissimo sono andato a Via Montalcini. Ho cercato il numero civico 8. Ho pensato a quale potesse essere l’interno 1. Poi ho visto un garage con delle serrande abbassate e un’immagine è venuta alla mente: Moro che la mattina del 9 maggio 1978 viene fatto sdraiare all’interno di una Renault 4 e Mario Moretti che esegue “la sentenza” dopo 55 giorni di inutili trattative. E così mi sono ritrovato a pensare…..
Perché è stato ucciso Moro? L’interpretazione più plausibile è che gli sia stata fatale l’idea del “compromesso storico”. I brigatisti non volevano che il PCI diventasse troppo moderato, che perdesse il suo credo rivoluzionario, che venisse a patti con il disegno capitalista e multinazionale dell’Occidente. Certo, le Brigate Rosse volevano anche la liberazione di prigionieri ed un “riconoscimento politico”. C’è poi chi collega la morte di Aldo Moro ad interessi massonici, ad oligarchie reazionarie, a servizi segreti corrotti che porterebbero a Londra. Un’aristocrazia che dopo l’emanazione della Costituzione è stata estromessa dal potere politico e che fu presa sotto l’ala protettrice dei servizi segreti britannici. Un sistema che non vedeva di buon occhio i nuovi sviluppi di cui anche Moro era interprete. Di questo sistema di interessi faceva parte anche la loggia P2 e la sua logica destabilizzante. Ne faceva parte anche Henry Kissinger, agente, secondo alcune fonti, dell’oligarchia filo-britannica negli USA. Sembrerebbe che Moro, al ritorno da un suo viaggio negli Stati Uniti, abbia raccontato alla moglie di aver ricevuto delle minacce chiare perché stava per portare i comunisti al governo: “Qui o lei smette di fare questa cosa o la pagherà cara” gli sarebbe stato detto. Si allude, probabilmente,all’ingresso dei comunisti al governo in Italia. Chi è stato a dire queste cose? Giovanni Gallino, esponente della DC, nel 2007, ha puntato il dito contro Henry Kissinger stesso.
Quel giorno di fine luglio ho pensato al compromesso che voleva trovare Aldo Moro per la democrazia. Compromesso che lo Stato non ha trovato per lui. Certo, non si può venire a patti con i terroristi. Non era facile decidere. Fa paura, però, pensare che un uomo, ancor prima padre e marito più che politico, possa morire per dei disegni perversi, nascosti, per la logica dei più grandi. Quella stessa logica che ha insabbiato le indagini sulla morte di un ragazzo di 30 anni, fatto passare come suicida mentre invece era stato assassinato dalla mafia. Si chiamava Peppino Impastato e perse la vita lo stesso giorno in cui Moro venne trovato a via Caetani in quella famosa Renault rossa. Un ragazzo la cui unica colpa è stata avere coraggio, denunciare i soprusi di un’organizzazione dai mille tentacoli e da cui lui stesso discendeva, prendersi carico della difesa dei più deboli. Un ragazzo a cui è stata data giustizia soltanto 24 anni dopo la propria morte, giusto qualche mese prima di quel torrido giorno di fine luglio in cui mi trovavo a via Montalcini 8….
Ho fissato quelle serrande, chiuse, serrate. Per celare tanti segreti al mondo. Un pezzo di storia era di fronte a me. Eppure mi sono sentito infinitamente piccolo…
Marco Pennacchia
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