CURIOSITA’ POLIZIOTTI COMA PAOLO SCARONI / ASROMALIVE.IT – 24 settembre 2005. Dopo aver assistito al match tra Verona e Brescia, sua squadra del cuore, Paolo Scaroni si reca alla stazione del capoluogo veneto. E’ qui che, per lui, inizierà l’incubo. Il giovane tifoso bresciano, infatti, viene letteralmente massacrato di botte da otto agente del reparto mobile di Bologna. Manganellato fino ad essere ridotto in coma ed invalido al 100%. I medici lo danno subito per spacciato e dicono ai genitori: “Se riuscirà a sopravvivere, resterà un vegetale“. Invece, dopo circa un mese, il ragazzo si riprende. Fa fatica a parlare, all’inizio, ma trova il coraggio di confidare quanto è successo ad una poliziotta che, per ironia della sorte, è collega di quelle otto persone responsabili del pestaggio.
La donna, poi, inizia a trovare la collaborazione di altri che, come lei, decidono di sfidare le autorità e le relazioni ufficiali su quel pomeriggio maledetto. I documenti ufficiali, infatti, parlavano di scontri tra gli ultras delle due squadre. La Polizia locale, invece, formulò la versione dell’attacco da parte degli ultras bresciani che avevano occupato i binari. E le condizioni di Paolo come si spiegavano? Malore sul treno. Pian piano, però, si inizia a scoprire che quel giorno, alla stazione, non c’erano affatto degli ultras del Brescia e che la “macelleria” era stata decisa dal reparto mobile stesso. Ma la prova più evidente di tutte era una sola: un video ripreso dalla Polizia, che poi è stato cancellato.
Ebbene, la cosa più sconvolgente, ma forse neanche tanto in Italia, è che il tribunale di Verona ha assolto tutti gli otto poliziotti del settimo reparto mobile di Bologna (quelli che hanno diretto il pestaggio di Scaroni) per insufficienza di prove. Il legale di Scaroni, Alessandro Mainardi, ha inviato alla Procura di Verona gli atti per il taglio di 10 minuti nel filmato in cui il proprio assistito viene massacrato di botte. “Dobbiamo andare avanti, non dobbiamo mollare” ha detto lo stesso Scaroni dopo la lettura della sentenza, accolta da un boato di disapprovazione da arte di decine di tifosi bresciani assiepati fuori dal tribunale. “La mia storia è simile a quella di Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri, Stefano Cucchi, Carlo Giuliani – aveva detto Paolo Scaroni in passato – la differenza è che io sono ancora vivo e posso parlare“.
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