BROZZI ALLONTANAMENTO / ASROMALIVE.IT – Mario Brozzi, ex medico sociale della Roma, torna sulla questione del suo allontanamento togliendosi qualche sassolino dalle scarpe:
Lei è stato allontanato perché, durante un processo, testimoniò contro la vecchia proprietà?
“Sì, successe che venni chiamato in Tribunale come testimone in una causa di licenziamento intentata dalla dottoressa Filippa Costa. Era una psicologa, mia amica personale, che tempo prima era stata portata dalla famiglia Sensi nello staff della prima squadra. Quando mi chiamò a testimoniare, oltretutto, era ammalata di cancro. E mori poco tempo dopo il mio allontanamento dalla Roma. Verso di lei avevo degli obblighi affettivi perché aveva curato anche mia figlia oltre ad alcuni membri della vecchia proprietà. Quando durante il processo mi chiesero di testimoniare riguardo al fatto che la dottoressa Costa avesse lavorato nella Roma, mi presentati e risposi secondo coscienza. Se qualcuno non ha capito che in quel caso stavo solo facendo la cosa giusta, non risponderà davanti alla legge, ma davanti a un giudice più in alto. Io in ogni caso non ho rimpianti”.
Esiste il doping nel calcio?
“Si, senza dubbio. Qualsiasi sostanza usata al di fuori delle prescrizioni di indicazioni per un problema lo diventa. Ogni volta che tu a un calciatore gli somministri una sostanza al di fuori di un problema biologicamente comprovato, stai facendo una forzatura su di un fisico. Questa abitudine di prendere le medicine anche sulle persone sane, ad esempio il calciatore che si fa una puntura di Voltaren prima della partita, o il calciatore che prende la creatina, che si somministra la flebo la notte precedente, sono tutti percorsi che riguardano il doping. Il doping prima di un coefficiente fisico, è un coefficiente psicologico. Le scorciatoie sono pericolosissime, bisogna stare attenti all’utilizzo che si fa dei farmaci. I campioni, per esempio, come Francesco Totti prendeva solo acqua, zucchero e limone che avevo inventato io e che beveva prima della partita, non prendono niente”.
Ti hanno mai proposto di utilizzare qualche pratica scorretta?
“Alcuni calciatori, quando arrivavano alla Roma, volevano il giorno prima della partita una flebo, perché così erano abituati dalle società da cui provenivano. Io dicevo loro che non ero capace di fare le flebo, e loro per paura desistevano. Chiedevo ai miei colleghi, perché non volevo fare lo “scemo del villaggio” cioè fare quello che facevano molti altri, ogni tanto qualcuno mi dava consigli. Alcuni utilizzavano la creatina, addirittura 25-30 grammi, cioè dieci volte le dosi utilizzate, ma quello non contemplava la mia etica professionale. Durante i mie dieci anni alla Roma, la Roma è stata l’unica società che non ha avuto neanche un giocatore positivo al doping”.
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