CICLISMO RABOBANK LASCIA / ASROMALIVE.IT – Adesso il ciclismo è un domino impazzito. Caduto Lance Armstrong abbandonato da tutti i suoi sponsor e punta dell’iceberg di un’incredibile rete internazionale di doping manovrata dal medico Michele Ferrari, e caduti prima di lui anche molti dei suoi ex compagni, ora cominciano a “cadere” anche le squadre. E non ci stiamo riferendo ai team coinvolti nell’inchiesta che sta portando avanti la Procura di Padova, ma agli sponsor che – “storditi” da questi ultimi avvenimenti – hanno deciso di prendere le distanze dal ciclismo.
E’ il caso della Rabobank, storico gruppo finanziario olandese e nel ciclismo ormai da 17 anni, che – tramite un comunicato shock diffuso in mattinata – ha fatto sapere che quella attuale sarà l’ultima stagione in cui il proprio marchio sarà associato al ciclismo professionistico. “E’ con grande dolore che prendiamo questa decisione resa inevitabile dalla pubblicazione del dossier dell’Usada – fa sapere Bert Bruggink, membro del CDA di Rabobank -. Non siamo più convinti che il ciclismo possa essere uno sport pulito e corretto, e non crediamo che ci possano essere dei cambiamenti in meglio nell’immediato futuro”.
La notizia ha preso un po’ tutti alla sprovvista, compresi gli stessi corridori del team olandese che nulla sapevano della decisione della dirigenza della Rabobank. “E’ una delle cose peggiori che potesse accadere – ha detto Robert Gesink a ‘cyclingnews’ -. Stiamo perdendo uno degli sponsor più importanti di sempre. Vedo anche io che stanno succedendo cose gravi, ma io credo che questa generazione stia ereditando la m***a di quella precedente”.
“Ora ne stiamo uscendo, tutti in gruppo sanno che ne stiamo uscendo – continua Gesink nel suo sfogo -. Noi stiamo lavorando con ragazzi giovani e facendo tutto nel modo giusto per cambiare e per cercare di ottenere risultati lavorando in modo pulito e trasparente. Armstrong? Non credo si possa incolpare solo una persona, ma sarebbe anche ingiusto generalizzare e puntare il dito su tutti i corridori per le cose che sono successe in America dieci anni fa”. Gesink avrà anche ragione, non si sconfigge il doping distruggendo il ciclismo, ma serve una mano da tutti. E non solo a parole.
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