NUOVO STADIO AS ROMA TURANO 2016 PALLOTTA TOR VERGATA / ASROMALIVE.IT – Il giornalista dell’Espresso Gianfranco Turano è intervenuto ai microfoni di Radio Ies per esprimere le sue sensazioni sulla burocrazia che c’è dietro la costruzione del nuovo stadio giallorosso. Ecco le sue parole:
Il calcio italiano è in mano al mattone?
“Il calcio italiano spera nel mattone, perché in questo momento economico in cui le cose non vanno bene, ci si affida al santino per rovesciare le difficoltà. Luca Parnasi con la sua proposta, è entrato in una sorta di lotto finale di aree, in cui la Roma deciderà quale è la più adatta per realizzare il suo nuovo stadio“.
In Bnl c’è anche il fratello di Abete?
“Il presidente è Luigi Abete e Giancarlo è il fratello minore. Entrambi erano presenti alla cena in onore di Pallotta che si è tenuta a casa di Cappelli ai Parioli. In Italia le banche sono sempre più spesso le proprietarie delle imprese: basti pensare che l’area che propone Parnasi, non è sua, ma di un imprenditore di nome Papalia che è in gravi difficoltà finanziarie e ha come partner Unicredit e Bnl. C’è poi da sottolineare che in questo business è presente anche la Provincia. L’ente dovrebbe corrispondere a Parnasi 260 milioni di euro per l’acquisto di una delle Torri dell’Eur che diventerebbe la sede degli uffici della Provincia. Quei soldi, magari, potrebbero essere utili a Parnasi per costruire il futuro stadio“.
Si parla insistentemente anche dei terreni del Gazometro visto che ci sono tante connessioni tra Eni e Unicredit.
“La situazione è molto ingarbugliata. E’ evidente che la capacità di questi imprenditori in questo momento è molto limitata: Caltagirone continua ad avere questa posizione strana su Tor Vergata, dicendo che non gli interessa, ma intanto è ancora in lizza. Papalia invece dice che ha ceduto i terreni, ma io questi atti non li ho trovati. E intanto gli incombe sulla testa una cartella esattoriale da 17 milioni di euro, e da li a costruire anche un ippodromo… Per quando riguarda l’area del Gazometro, c’è stata una presa di interesse da parte dell‘Eni che cerca di rilanciare questa area dismessa in una parte centrale di Roma. C’è il problema che bisognerebbe fare una bonifica. In questo momento consideriamolo un outsider per il fascino della zona e per il tifo romanista che si concentra in quell’area. Credo che sarà ancora una bella lotta“.
Sulla scelta delle aree?
“Pallotta vuole un’area dove ci siano anche altre situazioni oltre allo stadio in per se. Cushman & Wakefield non hanno visionato l’area dell’Eni e la sua preferenza, secondo fonti certe, andrebbe a Tor Vergata e quindi in altre misure a Caltagirone, ma è chiaro che poi la decisione finale è dell’azionista“.
Sulla posizione di Caltagirone?
“Ribadisco quale è la loro posizione ufficiale: lo stadio della Roma non interessa. Credo che per tutto quello che si muove a Roma dal punto di vista immobiliare, Caltagirone abbia un occhio di riguardo essendo uno dei grandi imprenditori italiani che non sta soffrendo il momento economico. Non è in mano alle banche, ed è lui che può dettare le regole alle banche. In questo momento sono in pochi che possono permettersi di farlo“.
Su Pallotta?
“Pallotta negli Stati Uniti, dove non faceva l’imprenditore del settore edile se non in maniera marginale, lui non aveva un idea chiara di quello che stava succedendo. Ne lui, ne i suoi soci avevano un idea di come funzionava il calciomercato. Questo non vuol dire che gli americani non sono furbi o svegli: venivano solo da un modo diverso di fare le cose“.
Sui tempi della costruzione dello stadio?
“Dalle fonti che ho, so che costruire lo stadio entro il 2016 non è possibile“.
Differenze di gestione tra Di Benedetto e Pallotta?
“Ne ho notate, perché credo che ci sia una migliore presa di conoscenza di quelle che sono le regole di un gioco che loro non conoscevano. Non c’è stato il salto di qualità e sono convinto in maniera radicale che il calcio italiano viva su un rapporto diretto tra il suo proprietario e tutti i suoi lavoratori. Quando manca, si viene a verificare il caso che spesso si è visto intorno al club giallorosso. Non me ne voglia Franco Baldini, ma qui non siamo in Inghilterra e non è possibile che il numero uno di una società sia anche il direttore generale. Le offerte che gli sono arrivate gli tolgono credibilità. L’unico esempio in Italia è quello del Milan, ma Galliani ha una identificazione totale nella causa rossonera. Nessun tifoso italiano vede Adriano Galliani se non al Milan“.
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