Un articolo di riflessione scritto alla maniera di un ”tifoso” tipo dopo queste prime uscite stagionali della squadra
SERIE A ASPETTANDO AS ROMA / ASROMALIVE.IT – Dopo aver visto vecchi video su youtube della Roma di Zeman, si ha quasi voglia di ascoltare alcune canzoni di quei tempi. Vien da pensare ad esempio, a La dura legge del gol degli 883, un pezzo che sembra scritto apposta per il boemo. Oppure si tirano fuori dal cassetto fotografie quasi ingiallite, si guardano delle vecchie VHS…tutto per respirare l’atmosfera di quegli anni. Qualcuno potrà obiettare che con Zeman in panchina non si è vinto nulla. Eppure quella Roma faceva emozionare, divertire e anche sognare. Anche quando il risultato le dava torto. Forse il suo unico difetto era di essere un po’ troppo spregiudicata…
Dove è oggi quella Roma? D’accordo, la rosa è cambiata in tutti gli elementi tranne che in uno. E’ anche vero, però, che la dirigenza americana, dopo la rovinosa annata con Luis Enrique, ha puntato sul tecnico boemo proprio per dare nuovo entusiasmo alla gente. Zeman, l’uomo giusto al momento giusto. Quello che ci voleva per riportare le persone, e magari anche le famiglie, allo stadio. Verrebbe quasi da drigli: ”In che guaio ti sei, cacciato, boemo??”
Un’estate passata a costruire sogni di gloria ma dopo la prima gara con il Catania c’era già chi parlava di un’altra stagione da buttare. D’altronde si sa, è questa la piazza romana: si può anche stare per due mesi sugli allori ma basta un attimo per piombare nel precipizio. La vittoria con l’Inter era proprio quello che ci voleva per riaccendere quegli entusiasmi così facilmente sopiti. Magicamente, sono riapparsi tutti quei giornalisti e quei tifosi che nominavano una parola impronunciabile per la scaramantica platea giallorossa. La sosta ha fatto pensare a qualcuno: ”E ora bisogna aspettare due domeniche per vedere ancora una volta la Roma?’’. Beh, di sicuro quella pausa non ci voleva, perché contro il Bologna si è visto un primo tempo stile Barcellona, mentre, nel secondo, è accaduto l’inimmaginabile. Qualcuno ha detto, poi, che questo fa parte del ”pacchetto Zeman” ma prendere tre gol in venti minuti, con la difesa schierata, è davvero una caratteristica delle sue squadre? Quanto c’entra il tecnico boemo nel black out dei giallorossi? E’ dipeso da un’amnesia collettiva? E’ stata colpa dell’inesperienza di alcuni elementi della rosa, della troppa sicurezza di aver vinto? Sembra un film già visto, con le regie di Spalletti e Ranieri…
Ed ecco che allora ci si trova a sperare, un mercoledì sera, di incontrare finalmente la Roma. Facile immaginare come può averla vissuta un ”tifoso tipo”, magari in compagnia di amici o parenti, davanti alla tv, alla radio o allo stadio.
Di fronte c’è la Sampdoria, e ci si augura una prova convincente, per vendicarsi di quell’1-2 che ha tolto uno scudetto ma soprattutto per convincersi che quello scivolone con i rossoblù è stato solo un caso. Nel primo tempo la Roma convince ma si inizia già ad essere sospettosi (”anche con il Bologna è stato così, meglio fare giudizi solo alla fine”). Cominciano anche ad uscir fuori parole non proprio di stima nei confronti del catenaccio che Ferrara ha messo in campo (”ma questi giocano in 18 in difesa?” o ”capirai, se questi stanno così chiusi, manco dal fornaro riusciamo a segnà” o ancora ”a Ferrà, manco Trapattoni avrebbe giocato così!’‘). Poi il gol di Totti è una gioia infinita per il sigillo numero 216 del capitano ma è anche un’ennesima speranza, un ennesimo bagliore di luce, un’ennesima possibilità. Possibilità, appunto, perché da un po’ di tempo non si è più abituati alla sicurezza, ad una squadra cinica, capace magari anche di vincere per 1 a 0 ma che dà sempre la sensazione di avere la situazione sotto controllo. Questa è forse la nostalgia più amara che ha lasciato Fabio Capello: non un bel gioco, ma la possibilità di godersi una partita senza alcun patema d’animo. L’errore di Destro è una conferma (”ma guarda te, questo l’abbiamo pagato come fosse Van Basten e poi sbaglia un gol che manco mia nonna se magnerebbe!!”) che questa formazione non riesce a chiudere le partite . Il pareggio di Munari arriva su una papera di Stekelenburg e, a dir la verità, non era tanto nell’aria, dato che i blucerchiati, fino a quel momento, non avevano fatto nulla. Ma, appunto, il fatto di non aver subito chiuso i giochi, a qualcuno avrà sicuramente messo la pulce nell’orecchio.
Ebbene, è qui, che la Roma non sa reagire. Dopo l’1 a 1, anche in superiorità numerica, si butta all’attacco in maniera sconclusionata, con lanci lunghi e con cross scontati che, quasi inesorabilmente, finiscono nelle mani di Romero. I tiri che centrano la porta sono pochissimi, quasi nulli. Le verticalizzazioni zemaniane cominciano a trasformarsi nel ‘’tiqui taca’’ di Luis Enrique. L’ultima occasione ce l’ha Balzaretti ma il portiere doriano fa il miracolo (”ma tutti con noi devono fa i mostri?’’). E dire che in due occasioni la Sampdoria ha anche rischiato di vincere….
Cosa avrà fatto il ”tifoso tipo” dopo aver spento televisore, la radio, o dopo essere andato via dallo stadio? Forse avrà pensato a cosa sarà servita la micidiale preparazione di Zeman, fatta di ben due ritiri, se già a fine settembre quasi tutti gli elementi della rosa corrono solo 45 minuti? Forse avrà pensato per quale motivo, in una squadra composta da giovani, i più veloci sono Balzaretti e Totti, rispettivamente di 30 e 36 anni? Magari si sarà chiesto come mai Zeman non abbia effettuato dei cambi a parte De Rossi. Sicuramente, poi, avrà riflettuto su quale sia il problema di questa squadra. Errore della dirigenza nell’aver puntato solo su scommesse, giocatori che, in situazioni di pressione, non sanno come recuperare una partita? Forse avrà pensato che nella piazza di Roma, la filosofia da adottare è diversa, perché si parla di una squadra che deve lottare per i vertici e che non può puntare soltanto sulle giovani promesse?
O forse il problema è proprio il ‘’tifoso tipo’’ che non riesce a digerire la parola ‘’progetto’’? Sarà disposto ad aspettare ancora? E, a proposito di attesa, di sicuro il ‘’tifoso tipo’’, in questo momento, starà guardando l’orologio per contare gli attimi che lo separano da sabato sera. Nel desiderio che un sogno si ricomponga, che si possa ricominciare quella storia d’amore. Perché, in fondo, lui, è questo che vuole, non soltanto i tre punti ma semplicemente essere orgoglioso delle prestazioni della propria squadra. Ma comunque sarà orgoglioso a prescindere, perché in fin dei conti si sa: ”La Roma si ama e non si discute”.
Marco Pennacchia