INTERVISTA LUCA DI BARTOLOMEI / ASROMALIVE.IT – Su La Stampa di oggi una bella intervista a Luca Di Bartolomei, figlio dell’indimenticato capitano dello scudetto ’83 Agostino.
Una bozza, anzi due. Il cassetto che si apre e «Il manuale del calcio» che diventa libro. Luca Di Bartolomei, perché queste pagine?
«Otto mesi fa abbiamo trovato la forza di scavare nei ricordi. Sapevamo dell’esistenza di una mole di appunti scritti da Ago, abbiamo scoperto una versione quasi finita delle sue riflessioni sul calcio. Lui era tanto meticoloso che, sono sicuro, non avrebbe mai smesso di metter mano al suo lavoro. Abbiamo pensato fosse giusto far conoscere le sue idee».
Agostino, il capitano di una città.
«Ago era un campione, ma anche, soprattutto, il vicino di casa. Lo amavano allora, lo amano oggi: Roma non è solo la Capitale degli eccessi, degli sbalzi di umore, dei tatuaggi sulle braccia dei giocatori o delle urla alle radio. Roma è una maggioranza silenziosa, ma presente, come era papà».
Il «Manuale del calcio» è anche un decalogo che vive dopo poche pagine.
«Dieci regole, di vita, da seguire. Ago scrive che il calcio è un gioco di squadra, che bisogna essere leali con l’avversario, che non bisogna mai entrare in campo con l’intenzione di far male a qualcuno. Ago ci dice di avere il massimo rispetto per l’arbitro perché può sbagliare e che occorre alimentarsi in modo equilibrato. E, poi, che il calcio deve essere allegria e semplicità».
Cosa ha provato nel leggere l’insegnamento di suo padre?
«Un forte senso di calore. Quello che sentivo quando, ad otto, nove, dieci anni, me ne stavo a bordo campo mentre Ago spiegava il calcio ai più piccoli. Un calore fortissimo».
Oggi, il pallone, è spesso violenza, scandali, veleni.
«Credo che già allora Ago avesse capito che qualcosa stava per cambiare. In peggio. Questo libro non vuole essere assolutamente un testamento, ma la testimonianza di un campione, riconosciuto da tutti, in un mondo che dava segnali di deriva».
Il «Manuale del calcio» nasce anche per alimentare una speranza.
«La speranza si chiama “Calcio sociale”, esperienza nata a Roma, Prato, Milano. Ragazzi con disabilità psichiche e fisiche che, otto contro otto, giocano a pallone. Parte dei proventi del libro andranno a loro».
Nei fogli ha ritrovato suo padre?
«Ho ritrovato la sua voglia di insegnare. Il fortissimo desiderio di essere da esempio per tanti. Il piacere, sincero, di dedicarsi ai giovani».
Agostino Di Bartolomei oggi…
«C’è un ragazzo, giovane, che ha parlato come parlava Ago. Dopo un gol con la Roma, Alessandro Florenzi ha detto con estrema semplicità che i sacrifici fatti per arrivare in A e alla prima rete in campionato non dovevano essere considerati tali. I sacrifici, ha detto, li fanno altri…Esiste un mondo, anche del calcio, che spesso non raccontiamo».
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