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Calcioscommesse, Pesoli: “Voglio difendermi dalle accuse, ne va della mia vita”

Il difensore implicato nella vicenda Scommessopoli ha smesso lo sciopero della fame ed è stato intervistato da Tele Radio Stereo

Emanuele Pesoli

CALCIOSCOMMESSE PESOLI / ASROMALIVE.IT – Ecco l’intervista effettuata dall’emittente romana Tele Radio Stereo al difensore Emanuele Pesoli, uno degli accusati del filone Calcioscommesse, condannato a 3 anni di squalifica e per protesta incatenatosi davanti ai cancelli della Federcalcio per giorni. Liberatosi dallo sciopero della fame solo ieri, Pesoli avrà presto un confronto con i vertici Figc, ovvero Abete e Valentini:

Pesoli, come va?

“Sono tornato ieri a casa dopo quattro giorni e mezzo davanti alla sede di via Po della Federcalcio. Non è stato facile, è servita grande forza psicologica, stare lì senza mangiare, dormire, grazie al supporto di mia moglie, dei miei figli, dei miei amici.

Purtroppo non è servito a nulla. Vengo accusato ingiustamente per illecito sportivo, sono stato condannato a 3 anni ingiustamente, speravo di sensibilizzare chi di dovere. Ma a parte la Figc nessuno mi ha chiamato. Abete, Albertini e Valentini mi hanno dato ascolto e li ringrazio, ma a parte loro non sono riuscito a ottenere un confronto con chi mi ha accusato, Gervasoni e Carobbio. Quello che ho fatto in termini pratici non è servito a nulla.

Ricostruiamo i fatti?

“Io ero a casa. Mi squillò il cellulare, numero sconosciuto, era Gervasoni. Non lo conoscevo, mi chiesi chi gli avesse dato il mio numero”.

Cosa ti ha chiesto?

“A quella telefonata seguirono tanti messaggi. Più che altro si informava su avrebbe giocato magari la domenica successiva, come veniva preparata la partita. Non erano domande dirette, ma tendenti a sapere qualcosa di specifico. Capii che c’era qualcosa che non andava. Mi poteva sembrare un collega in difficoltà, perché la sua squadra, il Piacenza, era in difficoltà. E doveva affrontare noi del Varese che eravamo già ai play off. Gli dissi che Varese-Piacenza non l’avrei giocata titolare perché il tecnico i avrebbe risparmiato in un match che per la nostra classifica contava poco. Anche se avremmo giocato alla morte, e questo gli dissi, perché volevamo mantenere l’imbattibilità casalinga. Il punto oscuro è che con Gervasoni parlai spesso di Varese-Piacenza, ma sono stato messo in mezzo per una partita, Siena-Varese, per la quale mi sono sentito con Gervasoni solo per dire in quale albergo avremmo alloggiato, perché me lo aveva chiesto lui. Qualcosa di folle anche perché mi ritrovo condannato per tre anni per una partita che secondo Gervasoni doveva finire in parità, che è finita cinque a zero, e nella quale ho giocato appena mezz’ora, entrando sul quattro a zero”.

E i contatti con Carobbio?

“Inventati. Palazzi ritenendo Gervasoni e Carobbio attendibili, ha creduto a quanto gli hanno detto, ossia che io abbia chiesto a Gervasoni chi potesse essere utile, del Siena, per combinare la partita. Gervasoni mi avrebbe dato il contatto con Carobbio, che io avrei contattato. E Carobbio mi avrebbe detto detto che non era possibile combinare Siena-Varese. Cose completamente inventate”.

Secondo te perché Gervasoni ti ha tirato dentro?

“Potrei pensare a una sua vendetta, una volta che capì che non avrebbe con me trovato terreno fertile. Oppure che ha scelto di fare così perché più persone tirava dentro, meno pena avrebbe scontato. E l’assurdo è che per questa vicenda lui ha preso tre mesi, io tre anni”.

Cosa chiederesti a Palazzi?

“Con lui non ho mai parlato. Vorrei che mi concedesse un confronto diretto con Gervasoni e Carobbio, i due miei accusatori. Voglio difendermi, ne va della mia vita. Non posso difendermi, dal momento in cui Gervasoni e Carobbio sono stati ritenuti attendibili”.

Secondo l’accusa, miravi a ottenere soldi dalla combine?

“Non è stato provato che io potessi ottenere soldi. Ho fatto sedici anni di gavetta per arrivare in Serie A, prendendo solo quattro cartellini rossi. A trentuno anni mi sveglio e decido di combinare una partita? Da solo? Senza coinvolgere altri compagni? E’ assurdo. Non chiedo la grazia. Ma semplicemente un confronto. Sono un uomo e un calciatore pulito. La mia unica colpa è stata quella dell’ingenuità. Avrei potuto denunciare i contatti con Gervasoni? Purtroppo non sussiste nei contatti neanche il presupposto per una denuncia”.

Come immagini il confronto con Abete?

“Ad Abete parlerò col cuore in mano, piango ogni giorno, lo guarderò negli occhi, so che non può fare nulla, se non darmi un appoggio morale. Però mi chiedo perché la Federcalcio permetta che qualcuno rovini ragazzi per bene per accuse infondate. La giustizia sportiva va rivista, è un sistema ormai vecchio”.

Cosa faresti se ti concedessero il confronto con Gervasoni e Carobbio?

“Dovrei mantenere la calma. Perché la calma può anche essere smarrita quando ci si trova davanti a due scorretti come quei due. Potrei non rispondere delle mie azioni se non mantenessi la calma”.

Stai pensando di rivolgerti alla magistratura ordinaria?

“Intanto aspettiamo l’appello del 20 agosto. Se andasse male ci rimetteremmo al TNAS. Comunque dovrei farmi sei mesi di squalifica. Poi ovvio che con i miei legali stiamo valutando ogni possibilità”.

Mai pensato di patteggiare?

“Mai. Chi sa di avere ragione va fino in fondo, non decide di pagare pene lievi solo per uscire in fretta da una vicenda che lo riguarda”.

Keivan Karimi

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Keivan Karimi

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