PSICOLOGIA SPORTIVA LLORENTE PROF CEI / WEB – Uno degli stipendi della società giallorossa è quello a Tonin Llorente. Molti hanno ironizzato riguardo l’utilità del mental coach, però, dati alla mano, non sembra aver impresso chissà quale marchio psicologico sulla squadra della Capitale.
Così sul “Il Romanista” di oggi si legge una lunga intervista ad un “collega” del motivatore spagnolo, lo psicologo dello sport esperto di mental traninig Alberto Cei.
Se ne riportano di seguito alcuni passaggi:
Professor Cei, che sta capitando alla Roma?
“La mia idea è che Luis Enrique abbia applicato il suo sistema senza adattarlo alla Roma, ma anche all’ambiente di Roma, che è molto particolare. Se ti accorgi che questo sistema non funziona, e specie se lo capisci molto prima di giungere alla quattordicesima sconfitta in campionato, devi fare qualcosa. Devi cambiare. Noto invece una difficoltà di adattamento da parte dell’allenatore. Vede, ci deve essere una tabella di marcia che preveda una percentuale in crescendo di assorbimento del progetto. Alla Roma non è accaduto. E il fatto che non si sia intervenuto, mi fa pensare a una eccessiva rigidità. Le faccio un esempio. La Roma molto difficilmente vince due partite di fila. Questo evidenzia una difficoltà ad applicare quel tipo di gioco. Il sistema è importante, ma poi viene messo in pratica da undici persone. E’ addosso a loro che va cucito l’abito“.
Ritiene la Roma caratterialmente fragile?
“Sì. Queste riduzioni di impegno ne sono un esempio“.
C’è chi dice: è perché sono giovani.
“Io non ci credo. Chi è giovane, può non avere esperienza. Ma può pure metterci molto più impegno per farsi notare. Perché è all’inizio della carriera e perché ha più entusiasmo“.
Un aspetto che lascia perplessi è la decisione di comunicare la formazione alla squadra all’ultimo minuto.
“E’ importante mantenere la tensione alta in allenamento, ma poi va infusa della serenità. Non credo che dia più motivazioni rendere noto in extremis lo schieramento. Per qualche calciatore può essere una delusione. Nel tempo, questa situazione genera uno stress non necessario. Quando la tensione non è più solo quella agonistica, la stanchezza ti porta a fare falli di frustrazione. Oppure a insultare l’arbitro, che inconsciamente diventa un alibi per il giocatore“.
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