Il cantautore romano, nel suo ultimo libro, ha spiegato che la genesi di Grazie Roma e’ dovuta anche a Lucio Dalla
LUCIO DALLA RICORDI VENDITTI VERDONE / WEB – ”Vi posso dire che con lui, e’ come se avessi perso una persona di famiglia, un parente stretto”. Queste le parole di Antonello Venditti sull’amico comparso ieri, Lucio Dalla, ad un noto quotidiano di informazione a tinte giallorosse. Il cantautore romano, in realta’, aveva gia’ spiegato in un suo libro di come Grazie Roma fosse nata anche grazie all’artista bolognese. ”All’altezza di Bologna affiancai una Jeep e mentre la sorpassavo mi accorsi che dentro c’era Lucio Dalla. Stava seduto sul portellone posteriore, abbassato come un ponte levatoio. Mi fece cenno di fermarmi. Sapeva bene che stress fosse per me vivere da pellegrino, avanti, dietro, senza un posto dove appendere il cappello, e mi avverti’ che a Roma aveva scattato le foto per il nuovo disco in una casa vicino alla sua, tra i vicoli di Trastevere, bellissima e in vendita. Disse: ”Se fossi in te chiamerei la proprietaria. Ora”. Girai alla prima svolta e da Bologna sfrecciai verso Roma. Corteggiai la signora finche’ non ci accordammo sul prezzo e divenni vicino di vicolo di Lucio. Da allora il mio motto è: “Dai retta a Dalla”. Il primo a mettere piede nella nuova casa – racconta ancora Venditti – fu il caro vecchio pianoforte Anelli su cui avevo composto Sora Rosa, con i tasti laterali bruciati dalle sigarette perche’ da sempre suono tutto in posizione centrale. Guardai i tetti della mia citta’, quelli che sognavo di notte in Stukas, gli stessi che avevano ispirato La sera dei miracoli di Dalla. Poggiai i polpastrelli sui tasti e usci’ Grazie Roma.
Anche Carlo Verdone ha voluto esprimere un pensiero per il cantautore: ” Ho appreso la notizia con grande dolore. Solo quindici giorni fa Dalla mi aveva chiamato chiedendomi di presentargli il suo libro, ma nello stesso giorno dovevo presentare il mio. Cosi’ ho dovuto dire di no. Ma sono invece contento di una cosa: avevo dedicato a lui un intero film come Borotalco e lui ne andava fiero”.
Marco Pennacchia