ROMA INTERVISTA ARRIGO SACCHI / WEB – L’ex ct della Nazionale, Arrigo Sacchi, intervistato da una nota emittente radiofonica locale ha parlato della squadra giallorossa. Molti i temi trattati, dal nuovo allenatore della Roma all’idea di calcio che lo spagnolo sta trasmettendo a Trigoria. Ecco le dichiarazioni più importanti di Sacchi:
Una riflessione su due allenatori, il bianconero Antonio Conte e il giallorosso Luis Enrique:
La Roma di Luis Enrique e la Juventus di Antonio Conte sono due fenomeni isolati. Troppo spesso in Italia c’è il peso dell’opinione pubblica che fa la differenza. Vincere è l’unico verbo che si coniuga. Già tra i ragazzini si nota la voglia di emergere singolarmente, mentre il calcio è uno sport di gruppo. Gli allenatori sono una specie di Don Abbondio, vasi di coccio tra vasi di ferro, con scarsa protezione da parte di chi dovrebbe far crescere il movimento calcistico. Un allenatore bravo, se non ha alle spalle una società competente e quindi paziente, non può esprimersi. Dietro Luis Enrique e Antonio Conte ci sono due società forti.
In particolare sul tecnico asturiano:
Nel caso di Luis Enrique dico bravi ai tifosi della Roma, che lo hanno aspettato, curiosi, affamati di calcio. Di un certo calcio. Un allenatore, sapendo che in Italia si chiede subito il risultato perché dopo tre quattro partite rischia di essere esonerato, tende a non far emergere i giovani. Luis Enrique può contare su una piazza paziente. La scorsa estate visitai il ritiro della Roma. Lo salutai dicendogli ‘Bienvenido a el infierno’, perché spesso chi prova a portare qualcosa di nuovo viene additato di essere un eretico. Però poi mi ha sorpreso favorevolmente la tifoseria. Quella romanista ha accolto Luis Enrique come quella milanista accolse me in rossonero. Sono contento per Luis Enrique, per la Roma, ma sono contento per il calcio italiano, Luis Enrique fa bene al calcio italiano. Di solito si gioca con copioni poco definitivi, basando tutto sulla qualità del singolo. Si lasciava spesso la partita in mano agli avversari. Non posso dimenticare che Maradona con il Napoli correva dietro al terzino Chendo del Real Madrid.
Poi un commento sul calcio italiano:
L’Italia è un Paese per duemila anni invaso. Un giorno ero in Inghilterra per un convegno. Mark Hughes era commissario tecnico del Galles, che mi chiese come fossi riuscito a far correre in avanti i calciatori di una squadra italiana, perché forse per retaggi storici l’italiano arretra timoroso dell’invadenza straniera.
Una considerazione sul nuovo modulo della Roma e sul proprio modo intendere il calcio:
A Luis Enrique pochi giorni fa ho chiesto se i giocatori che ha siano funzionali al suo calcio. Lui mi ha risposto diplomaticamente che i suoi ragazzi si impegnano tutti allo stesso modo. Un allenatore non fa miracoli. Credo che alcuni giocatori non siano funzionali al gioco di Luis Enrique. Un po’ si è adattato, anch’io non potevo chiedere a Virdis quello che faceva Gullit. Di conseguenza non puoi trarre il massimo, in linea con quello che auspichi di poter fare. Ma la proposta di Luis Enrique non ha niente in comune con il classico calcio all’italiana.
Infine un commento su Daniele De Rossi e sul suo rinnovo contrattuale ancora incerto:
Per De Rossi c’è stato un errore di valutazione, perché per un calciatore di simile livello non si dovrebbe arrivare a un anno dalla scadenza, e in una situazione simile la maggior parte dei calciatori si sarebbero già accordati con altre società. Ma De Rossi è diverso. Quando ero al Real Madrid sentii il mio amico Sergio Berti perché lo avrei voluto acquistare. Ma già allora il ragazzo dimostrò grande attaccamento alla Roma.
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