L’intervista al Dg Franco Baldini oggi ai microfoni di Roma Channel
INTERVISTA BALDINI ROMA CHANNEL / ROMA- Oggi ore 14 il Direttore Generale della As Roma Franco Baldini ha concesso un’intervista ai microfoni di Roma Channel.
Di seguito le dichiarazioni integrali del dirigente giallorosso.
C’è un po’ di emozione, tante cose da raccontare…
Non capisco l’emozione, non dovevamo solo farci gli auguri di Natale? Mi avvarrò della facoltà di non rispondere (ride ndr).
Momento positivo. Dopo Firenze lei mi aveva detto che si erano viste delle cose positive…
Il risultato ovviamente ha questa facoltà magica di dare la percezione dei fatti che avvengono con un’altra luce e prospettiva. Ovviamente è più facile parlare di qualcosa che si sta facendo bene, come contro il Napoli. Anche nei momenti in cui il risultato non veniva, come nelle partite di Udine e Firenze, si poteva vedere un’identità di squadra.
Si parla di un Luis Enrique italianizzato…
Bisognerebbe capire cosa si intende per “italianizzare”. Se ci riferiamo al vecchio concetto di catenaccio, io non riesco a capire come si possa definire Luis Enrique italianizzato. Se si fa riferimento al fatto che il possesso palla non è così più preponderante rispetto alle altre partite è perchè le avversarie erano Juventus e Napoli. Lui sta facendo un percorso personale come allenatore. E’ alla sua prima esperienza in prima squadra e in quanto di buono aveva fatto vedere lo sta confermando. E ha avuto un buon impatto, è stato un impatto pesante.
Cosa ha pensato al suo ingresso a Trigoria?
Il mio primo istinto è stato quello di sopravvivenza (ride ndr). Mi sono impedito di pensare alla nostalgia che mi dava rivedere i campi perchè sentivo montare dentro questo impatto forte. Qualcosa che ti dà un’emozione forte e che fai fatica a gestire. Quindi mi sono detto “Lascia perdere questo, ci sono 10000 problemi a cui pensare.” Questo essere vincolati alla percezione che il risultato dà delle cose è limitante. Dopo un attimo di bellezza ho pensato a quello che la bellezza nascondeva.
Cosa ha provato nel gestire quella platea nella sua conferenza stampa di ritorno alla Roma?
Non è stato facile, avrei voluto non esserci. Ho avuto sempre la sensazione che questo fosse un posto dove era meglio iniziare a fare qualcosa più che parlare. Ci sono più cose da fare che non da dire, prometterle ha sempre il sapore dello spot elettorale. Ovviamente ci sono istanze da rappresentare, nodi da chiarire, cose da spiegare. Tante piccole cose le avevamo già fatte: i biglietti, e-commerce… Cose che danno al calcio un’altra dimensione, cose che ho visto in giro per il mondo.
Da questo punto di vista, la società ha guardato come prima cosa al benessere del tifoso...
Sono rivolte verso la tifoseria perchè lo scopo è proprio quello.
Lei aveva raccontato la differenza rispetto all’estero...
Ne sono traumatizzato. Ho avuto la fortuna di andare in Spagna e lì andare allo stadio era vissuto meglio. Poi in Inghilterra mi sono accorto che era anche meglio che in Spagna quindi vi lascio immaginare rispetto all’Italia. Ma vedere gente che faceva la fila con maglie diverse, con tutta la serenità e la tranquillità del mondo…! Poi sugli spalti per carità, ci sono i soliti sfottò, i canti contro gli altri… ma insomma, troppo british non va bene. L’evento è vissuto tutto il giorno con l’approssimarsi della partita, mangiando qualcosa. Si vive in un posto dove oggi è festa e non si ha mai la sensazione che si va a vedere qualcosa che ci piace tanto vedere, ma chissà… “Dobbiamo prestare attenzione a questo e quest’altro, lasciare la macchina lì”… Questa è una cosa che quando hai scoperto che può funzionare, quantomeno vorremmo cercare di proporre.
Aveva detto che aveva fatto una scelta d’istinto…
Più cerco un senso e più non lo trovo. Sono quelle cose che vuoi fare e poi a corredo di questa risposta devi trovare il modo di giustificarlo. Poi ti arrendi all’evidenza che hai fatto quello che volevi fare. Sono nel posto in cui volevo essere, che poi abbia fatto bene o male, che sia costato o meno alla fine è un particolare.
Qual è la soddisfazione di un italiano che è stato dirigente del più grande club al mondo e della più grande federazione al mondo?
Sono stato molto fortunato. Ho avuto occasioni che mi hanno dato molto dal punto di vista professionale e umano. Mi hanno dato più molto di più della soddisfazione di poter dire di essere stato al Real Madrid o alla federazione inglese. Lì mi fermerei. Non c’è una vera e propria soddisfazione professionale, quanto personale. Di aver avuto la possibilità di fare queste esperienze. Vivere il calcio a questi livelli, ma non a questi livelli intesi come importanza, quanto a livelli di civiltà e godibilità è qualcosa di… alla fine è quello di cui parliamo. Noi che siamo la patria della cultura abbiamo diritto ad aspirarci.
Quali sono stati i punti più alti e più bassi delle due esperienze?
L’allenatore, Capello, è stato sul punto di essere esonerato a gennaio. E dopo dopo di che, in seguito a discussioni, si cambiò questa decisione e si vinse lo scudetto. Festeggiare lo scudetto è stato il momento più alto. Con la Federazione è stata la qualificazione ai mondiali senza nessuna sconfitta, tutte vittorie, maggior numero di gol segnati, a cui fa da contraltare il momento negativo della bruciante eliminazione con la Germania ai quarti di finale.
(Parte I – Continua)
Sara Mascigrande