Francesco Totti si racconta al microfono dell’ex compagno di squadra Christian Panucci
INTERVISTA TOTTI PANUCCI SKY / ROMA – Francesco Totti ha rilasciato un’intervista all’amico Christian Panucci che andrà in onda integralmente il 25 gennaio alle ore 21 su una nota emittente satellitare.
Di seguito il testo dell’intervista.
Ci sono persone che conosco bene e che sono tuo padre e tua madre. Quanto sono stati importanti per te?
Sono state le persone più importanti per me, nell’insegnamento, nell’educazione, nel farmi capire il senso del rispetto e, soprattutto, per quello che ho fatto fino ad oggi. Se non avessi avuto loro, non sarei qui a parlare oggi. Avere una famiglia che ti segue e ti sostiene vuol dire avere la possibilità di arrivare in fondo.
Com’eri da piccolo?
Ero un “paravento” come mio figlio Cristian. Nel senso che, come lui, mi divertivo, ero un giocherellone. Rompevo le scatole a tutti. In certe situazioni, mi rivedo in lui e questo mi fa piacere, era la cosa che sognavo.
Passato il dopoguerra ci sono stati due grandi numeri 10: uno è Gianni Rivera e l’altro è Francesco Totti. Quando ti sei accorto di vedere quello che gli altri non vedevano?
Grazie per il paragone perchè avermi accostato a Rivera è per me fonte d’orgoglio. Non riesco a vedere ciò che vede la gente, perchè io devo farlo. Ogni tanto rivedo le immagini delle partite e alcune cose, sinceramente non riesco a capirle neanche io quando le faccio. Soprattutto certi gesti difficili.
Quanto sei orgoglioso della tua scuola calcio?
Tanto perchè mi piace vedere i bambini che si divertono, che giocano. Poi lo sport è fondamentale per i bambini, soprattutto quando sono così giovani. E’ uno sfogo, un divertimento, un passatempo. E’ una cosa che mi piace seguire e spesso vado a vedere come si comportano.
Il 23 marzo ’93 esordisci a Brescia. Sono passati quasi vent’anni. Pensavi che avresti avuto una carriera così bella?
No, non pensavo che avrei avuto una carriera così prestigiosa. Ma, da quel momento, ho pensato che il calcio fosse il mio lavoro pricipale. Più che un lavoro, una passione che ho sempre avuto fin da piccolo. Ho sempre cercato di dare il massimo e sono arrivato fino a questo punto.
Mazzone è stato molto importante per la tua carriera. Com’era il tuo rapporto con il mister?
Tuttora lo ringrazio, perchè per me è stato come un secondo padre. Ho avuto la fortuna di averlo negli anni più importanti di un giocatore, tra i sedici e i diciannove anni. Mi ha gestito nel migliore dei modi anche perchè in una città come Roma non è facile gestire un giovane, soprattutto romano, che la gente voleva che giocasse invece lui mi teneva un po’ distante da tutto.
Cosa ti ricorda il 4 settembre del ’94?
E’ un ricordo bellissimo, che porterò con me tutta la vita, anche perchè quel giorno ho fatto il mio primo gol in serie A col Foggia.
Nel ’98-99 con Zeman diventi capitano della Roma. E’ stato il tuo primo grande salto di qualità?
Sì perchè essere il capitano della Roma è una cosa che mi inorgoglisce, che ho sempre pensato di fare e cercato di fare nel migliore dei modi. Ho avuto la fortuna di realizzare questo sogno.
In quell’anno diventi anche rigorista della Roma.
Sì, non c’era nessuno!
A volte basta sbagliare un rigore e creare il putiferio.
Purtroppo nel calcio capita anche questo. Io, di rigori, ne ho sbagliati parecchi.
Cosa ti è dispiaciuto di quello che hanno detto dopo che hai sbagliato il rigore davanti a Buffon?
Vorrei specificare lo sfogo post partita nei confronti dei tifosi della Roma che so quanto mi amino e quanto mi vogliano bene e la cosa è reciproca. Però mi è dispiaciuto il modo in cui si sono esposti in certi momenti, soprattutto davanti ai miei figli. Finchè la critica è costruttiva accetto tutto a testa alta, ma se mi offendono davanti ai miei figli non ci sto. Non volevo offendere i tifosi, ma mi sono sentito tradito quando ho dato il mille per mille per questa maglia e ci ho messo la faccia.
(Continua-Parte I)
Sara Mascigrande